Intervista a Marco Carlomagno, segretario generale della FLP – Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche.
A cura di Mara Passafiume.
Lo scorso novembre si è svolto a Salerno il quinto congresso nazionale della Flp, con la partecipazione di circa trecento delegati in rappresentanza delle pubbliche amministrazioni. Il congresso, che ha celebrato anche venticinque anni di vita della Federazione, ha visto la conferma per acclamazione di Marco Carlomagno alla guida del sindacato. Facciamo il punto con il segretario Carlomagno sulle novità e sulle sfide che dovrà affrontare la PA.
Segretario, al congresso di Salerno avete avuto anche l’opportunità di discutere con la politica e le istituzioni del ruolo strategico della Pubblica Amministrazione per il rilancio del Paese. Quali temi avete affrontato?
Nel corso dei lavori, come spunto per il dibattito e le tavole rotonde organizzate, abbiamo presentato due importanti ricerche sul lavoro pubblico elaborate dalla FLP che, a partire dai temi del reclutamento, affrontano le problematiche della scarsa attrattività delle pubbliche amministrazioni.
Dati e analisi puntuali sull’entità e la complessità della mobilità territoriale che riguarda i neoassunti, sul livello delle retribuzioni – che, comparate a livello europeo, segnalano ancora un inaccettabile squilibrio – sulle criticità derivanti dall’età media molto elevata nei diversi comparti, sul persistente gap gender che penalizza le donne nell’assunzione di incarichi di responsabilità, sul basso livello di digitalizzazione, ancora a macchia di leopardo soprattutto nelle piccole amministrazioni e nelle Funzioni Locali, sulla formazione ancora insufficiente nei numeri e soprattutto nei contenuti. Un lavoro di ricerca molto impegnativo che, per la sua accuratezza e per i dati forniti, ha avuto ampio risalto sui media e sulla stampa nazionale.
Il Ministro Zangrillo è intervenuto ai lavori sui temi dell’azione di governo, sulle priorità della Funzione pubblica – assunzioni, formazione, carriere, digitalizzazione ed efficientamento – e sull’importanza del rinnovo contrattuale delle Funzioni Centrali, la cui preintesa è stata siglata lo scorso 6 novembre grazie al decisivo apporto della FLP.
Al nostro Congresso sono intervenuti anche numerosi esponenti del Governo: i Vice Ministri Cirielli e Sisto, i Sottosegretari Delmastro Dalle Vedove e Durigon, la Vice Presidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, i Presidenti delle Commissioni lavoro e affari costituzionali della Camera Rizzetto e Pagano, numerosi parlamentari della maggioranza e dell’opposizione, il Presidente Aran Naddeo, il Presidente Formez Anastasi, docenti universitari, i Segretari confederali CISL Ganga, CGS Di Meglio, COSMED Cavallero, CIU Ancora, che si sono confrontati con la Segreteria generale FLP in specifiche tavole rotonde. Tali tavole rotonde hanno affrontato temi importanti: modelli organizzativi, politiche di sviluppo del personale e lavoro agile; efficientamento, qualificazione dei servizi e semplificazione della PA; formazione, percorsi di carriera e sistemi di valutazione; il sindacato nel lavoro che cambia.
Per la Flp innovare la PA significa anzitutto mettere in campo nuovi modelli organizzativi. In che modo, attraverso lo strumento contrattuale, siete riusciti a portare avanti questo obiettivo?
L’unica strada per garantire servizi pubblici universali che rispondano adeguatamente alle prerogative del dettato costituzionale è il rafforzamento della Pubblica Amministrazione, investendo sulle competenze e la valorizzazione personale, assumendo personale e aumentando le retribuzioni. La Pubblica Amministrazione deve attrarre nuovi talenti e professionalità, sviluppando una cultura dell’employer branding che promuova le opportunità di impiego e al tempo stesso valorizzi l’ente come organizzazione dinamica, flessibile e attenta alle persone. Risulta quindi evidente l’importanza della creazione di una rinnovata funzione di gestione del personale, delle politiche di sviluppo delle risorse umane e dell’organizzazione che consentano di conoscere esattamente le persone che abitano l’organizzazione, di scoprirne le loro capacità, di valutarle e di intercettarne i bisogni e le esigenze più profonde.
I contratti nazionali di lavoro non sono solo uno strumento di recupero salariale, ma giocano un ruolo importante anche per accompagnare i processi di modernizzazione e di sviluppo delle competenze.
Come FLP siamo da tempo impegnati per definire in ambito negoziale misure per la valorizzazione delle competenze esistenti agendo sui temi del miglioramento dei processi, di come rendere l’azione amministrativa più efficiente, di come aumentare la produttività migliorando poi l’esecuzione, per migliorare le condizioni di inquadramento iniziali e i bassi livelli retributivi, l’assenza di autonomia, la poca dinamicità nei contesti organizzativi. In tale ambito, nella preintesa del CCNL delle Funzioni Centrale 2022/2024, oltre a migliorare gli istituti legati al nuovo ordinamento professionale con il consolidamento delle progressioni verticali e orizzontali, la stabilizzazione delle posizioni organizzative e la concretizzazione dell’Area delle elevate professionalità, si inseriscono anche l’implementazione del lavoro agile e l’esplicito superamento del principio della prevalenza del lavoro in presenza, il riconoscimento del buono pasto nei giorni di smart working, l’adozione in via sperimentale e volontaria della settimana su lavorativa su 4 giorni. Strumenti che, inoltre, garantiscono una migliore conciliazione vita-lavoro, favoriscono il benessere organizzativo, liberano i grandi centri urbani dal congestionamento, contribuiscono al risparmio energetico e al contrasto all’inquinamento ambientale.
La Federazione ha posto all’attenzione del Governo una serie di azioni per passare dalle parole ai fatti e costruire amministrazioni moderne. Ce le può illustrare?
La FLP ha posto al centro del confronto con i decisori politici e i vertici delle Amministrazioni proposte operative necessarie per scrivere finalmente una nuova pagina per il miglior funzionamento delle Pubbliche Amministrazioni. Non pensiamo ad un’ennesima riforma, quanto piuttosto ad una serie di azioni concrete, immediatamente realizzabili, che possano mettere gli operatori del settore in condizione di poter lavorare con efficienza ed efficacia al servizio del Paese. Agli interlocutori politici e ai massimi responsabili delle diverse articolazioni amministrative e gestionali, chiediamo per le parti di rispettiva competenza:
- adeguati investimenti che superino, in modo strutturale, i tagli dei decenni precedenti e che permettano il dispiegarsi delle azioni necessarie a modernizzare la PA in termini occupazionali e di ripristino degli organici, professionali, infrastrutturali, tecnologici e formativi;
- ogni euro ben speso sulla PA produce un moltiplicatore esponenziale per la crescita dell’economia, la tutela della salute e dei livelli di conoscenza e di istruzione, la sicurezza e la dignità del lavoro, il superamento delle diseguaglianze, la fruibilità dei servizi, lo sviluppo della democrazia e della partecipazione;
- il superamento dell’eccessiva normazione, che ha reso complicato e farraginoso il rapporto con i cittadini e le imprese, ingabbiato la contrattazione, rallentata l’azione amministrativa e operativa. Interventi che semplifichino i diversi livelli istituzionali tra amministrazioni centrali, regionali e territoriali, chiariscano le rispettive competenze, superino duplicazioni, stratificazioni e contraddittori livelli di competenze concorrenti;
- il rilancio e la piena effettività della contrattazione integrativa per tutelare il potere di acquisto e accompagnare i processi di innovazione, finanziabile mediante il superamento degli anacronistici e inaccettabili tetti predeterminati sul massimo di spesa, fissati al 2016;
- la valorizzazione delle competenze interne, puntuali investimenti sulla formazione, un piano straordinario di reclutamento che allinei il nostro Paese a quelli dell’Unione Europea in termini quantitativi e che sia orientato verso le nuove professionalità necessarie;
- l’implementazione della digitalizzazione, il pieno utilizzo delle nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, dal lavoro agile e da remoto alle forme di co-working.
Dopo circa un decennio di blocchi, sono riprese le assunzioni ma il numero dei lavoratori pubblici continua ad essere sotto la media europea.
Secondo i Report Fpa 2023/Ifel/Aran/Inps, i dipendenti pubblici in Italia sono circa 3,2 milioni di cui 2,9 stabili, di quest’ultimi il 22,2% ha più di 60 anni e solo il 3,6% è under 30. Negli Enti Locali il 21,2% dei dipendenti a tempo indeterminato ha più di 60 anni, mentre gli over 50 sono il 65%.
Nei Ministeri solo lo 0,7% ha meno di trent’anni, ma il 29,3% è sopra i 60 anni. Nella scuola addirittura solo lo 0,3% è under 30 contro il 22,8% di persone sopra i 60 anni). Oggi in Italia l’età media supera i 51 anni, in Francia 43, in Germania 44 e nel Regno Unito 46.
Negli ultimi mesi sono riprese le assunzioni, dopo un decennio di blocchi, ma il numero di dipendenti pubblici continua ad essere inferiore rispetto alla media europea. Il rapporto dipendenti/abitanti in Italia è del 5,3%, notevolmente inferiore a quello registrato in Francia, Regno Unito, Spagna e Germania.
Siamo deficitari non solo nei numeri complessivi, ma anche nella tipologia del rapporto di lavoro, che diventa sempre più precario. Oggi ogni 100 assunti nelle PA, 15 sono a termine. Quindi è da sfatare l’asserzione, da troppo tempo presente nel dibattito del nostro Paese, che i dipendenti pubblici sono troppi. Non sono solo di meno, ma anche meno pagati rispetto ai loro omologhi dell’Unione Europea.
Un invecchiamento accentuatosi nell’ultimo decennio per il combinato disposto del blocco delle assunzioni e del ritardo delle uscite dal mondo del lavoro. Tuttavia, questo ritardo avrà inevitabilmente un momento in cui, a causa del raggiungimento di massa dei limiti di età per lavoratrici e lavoratori forzosamente bloccati, assisteremo a un vero e proprio esodo dell’attuale forza lavoro. Si stima che entro dieci anni un terzo dell’attuale forza lavoro andrà in pensione (circa un milione di lavoratori pubblici). Bisogna, quindi, mettere subito in campo una straordinaria operazione di reclutamento nel lavoro pubblico, che non si limiti a tappare i buchi, ma miri a riequilibrare gli organici sia dal punto di vista numerico che qualitativo. Un’operazione che, in un arco temporale predeterminato e a partire da subito, sarebbe sostenibile e avrebbe importanti ricadute non solo sull’efficacia e la qualità dei servizi resi, ma produrrebbe anche riflessi positivi sul PIL grazie alla crescita della domanda interna dovuta all’aumento dei redditi e dei consumi.
In un mondo che cambia continuamente diventa sempre più importante la formazione, legata anche ai percorsi di carriera. Quali sono le vostre proposte?
Le Amministrazioni Pubbliche non sono abituate a pensare alla formazione come a un investimento sulle persone e sulle loro potenzialità di sviluppo, come invece avviene generalmente nel settore privato: ma è proprio sulle persone che si gioca il successo di qualsiasi politica pubblica del futuro. Spesso dalle burocrazie è vista come un mero adempimento, o finanche un fastidio, un distogliere dal “lavoro” il personale. Convinzione rafforzata anche dalle modalità con cui è stata nel tempo organizzata, basata principalmente su aspetti puramente teorici e privi di effettiva correlazione con le nuove sfide che il lavoro propone. Siamo passati dalle 6 ore di formazione annue pro-capite alle attuali 24 ore come previsto dal Ministro Zangrillo nella sua Direttiva.
Ma anche questa misura – tra l’altro al momento basata su forme di elearning di primo livello – appare ancora del tutto insufficiente, in un mondo del lavoro che cambia velocemente per effetto delle continue modifiche normative e regolamentari, del permanere del groviglio di disposizioni spesso contraddittorie e, soprattutto, dell’avvento delle nuove tecnologie che già stanno modificando nel profondo i processi lavorativi e la tipologia delle prestazioni rese a cittadini e imprese.
La formazione costituisce uno dei principali asset per migliorare la qualità delle Pubbliche Amministrazioni se si utilizzano tutte le risorse che la tecnologia offre, se orientata sempre più alla trasversalità delle competenze, con attenzione a quelle professionalità storicamente meno presenti e che invece sono sempre più necessarie a governare i nuovi processi e le nuove missioni.
Bisogna entrare nella logica della formazione continua, non vista come un momento a parte, un’interruzione della prestazione lavorativa, quanto invece come parte integrante del lavoro che sempre più necessita in tempo reale di approfondimenti e aggiornamento.
Uno strumento, da praticare in modo programmato e integrato, non solo per lavorare meglio, migliorare le performance, allargare conoscenze e competenze, ma anche da utilizzare per consentire l’accrescimento professionale e i percorsi di carriera.
M. P.
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