Intervista ad Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche.
A cura di Mara Passafiume.
In questi giorni il Paese sta vivendo un momento estremamente complesso a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, un virus forse inizialmente sottovalutato da tanti ma ormai dichiarato pandemia dall’OMS. La sua rapida diffusione ed il rischio elevato di contagio hanno messo sotto pressione il sistema sanitario, riaprendo prepotentemente la vecchia ferita, da tempo lamentata e denunciata dal Nursind, delle difficili condizioni di lavoro nelle quali gli infermieri si trovano ad operare quotidianamente e in prima linea.
Facciamo il punto con Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, che rappresenta le professioni infermieristiche.
Segretario, dopo la Cina, anche l’Italia è stata travolta dall’emergenza Coronavirus. Secondo lei, il nostro sistema sanitario come sta affrontando questa dura prova?
Con i mezzi che ha, cioè pochi. Dopo anni di definanziamento del Fondo sanitario nazionale, tagli lineari, chiusura di 70.000 posti letto, blocco del turn over e spolpamento dei fondi contrattuali siamo arrivati all’appuntamento praticamente in mutande e senza forze. Solo l’encomiabile dedizione al sacrificio degli infermieri e degli altri sanitari ha permesso al sistema di non crollare ed avere un numero di morti ancora più alto.
Ci sono alcune regioni del nord del Paese che stanno già fronteggiando un numero elevato di malati e le relative criticità, mentre altre del sud stanno lanciando l’allarme poiché non sarebbero in condizione di reggere un eventuale rapido incremento di contagi.
E’ così. Al sud il fenomeno è ancora limitato ed hanno avuto un mese per attrezzarsi, ma in molte realtà non sono ancora pronti e già mancano mascherine e camici. In Sicilia, agli infermieri dell’emergenza hanno dato i camici per imbianchini. Affrontare così un’epidemia è come voler raccogliere l’acqua con un colino.
Parlare di sicurezza delle strutture ospedaliere significa garantire standard elevati di assistenza all’utenza, ma anche tutelare il personale sanitario potenziando i dispositivi di protezione individuale. A che punto siamo?
Ad un punto morto, purtroppo. I problemi oggi sono di due tipi: garantire i presidi di sicurezza individuale per i sanitari, affinché non si ammalino e non contagino altri pazienti, e garantire adeguato personale per far fronte all’aumentata esigenza di posti letto di rianimazione. Non garantire la sicurezza e un ambiente salubre dei sanitari significa togliere la possibilità di salvare vite umane. Gli infermieri stanno pagando con la loro vita la mancanza di sistemi di protezione. Ad oggi sono più di 2.630 i sanitari che hanno contratto il virus, alcuni sono morti, altri sono intubati in rianimazione. Abbiamo scritto a tutte le istituzioni aziendali, regionali e nazionali affinché ci sia data adeguata protezione e ci venga fatto il tampone anche in assenza di sintomi.
Il governo, con due decreti, ha adottato una serie di misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica e potenziare il Servizio sanitario nazionale, anche attraverso l’assunzione di medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Come valuta questi provvedimenti?
Sono una delusione completa. Mentre l’affetto e la vicinanza dei cittadini non sono mancati, le istituzioni ci hanno chiesto solo sacrifici senza riconoscerci nulla. I due decreti che dovevano rappresentare una diga per fermare questa alluvione mettono gli infermieri al di qua della diga, dove si accumula l’acqua, e li fanno affogare. Siamo stati considerati carne da cannone per il governo, il prezzo sacrificabile che ogni guerra ha. Diversi da tutti i cittadini e dagli altri lavoratori: ci hanno revocato le ferie, tolto il rispetto del limite di ore lavorate, negato i tamponi, niente quarantena per chi è venuto a contatto con positivi, nessun incentivo, depotenziamento dei sistemi di protezione per legge, niente congedi parentali aggiuntivi, nessun permesso aggiuntivo per la legge 104/92. Questo il trattamento riservato alla categoria degli infermieri.
Ora che siete sotto pressione diventa ancora più importante mantenere un contatto costante tra gli operatori della categoria. Qual è il messaggio che vuole lanciare a tutti gli infermieri?
Insieme ce la faremo, perché questo è il nostro lavoro e la nostra buona volontà è migliore di quella di chi governa. I cittadini lo sanno, lo hanno capito e ce lo riconoscono. Noi siamo dalla loro stessa parte. I morti sono nostri come loro. Il sindacato Nursind è fatto da infermieri impegnati in prima fila perché lavorano tutti nelle strutture ospedaliere. Gli infermieri sono al fianco dei cittadini, Nursind è al fianco degli infermieri. I conti con chi ci governa a livello aziendale, regionale e nazionale li faremo dopo. Assieme.
M.P.
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