Intervista ad Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche.
A cura di Mara Passafiume.
Nonostante il nostro Paese abbia lodato e celebrato l’importantissimo lavoro degli infermieri che, soprattutto durante la pandemia – ma non solo -, sono stati figure fondamentali per i malati, siamo all’ennesimo ritardo nell’apertura del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro di questa categoria. Segno che alle parole non sempre fanno seguito i fatti.
Ne parliamo con Andrea Bottega, leader del Nursind.
Segretario, nonostante le lodi per la professione infermieristica e le celebrazioni della categoria, sono state avviate le trattative per il rinnovo del CCNL 2022-2024 del comparto Sanità con l’ormai tristemente noto ritardo.
Questa tornata contrattuale, come ormai capita sempre più di frequente, si apre con il necessario finanziamento che arriva nell’ultimo anno del triennio. Questa prassi fa sì che sostanzialmente gli aumenti stipendiali arrivino solo al termine del triennio. Per gli anni 2022-2024, poi, abbiamo l’ulteriore peculiarità che il Governo ha già anticipato gli aumenti previsti (nel 2022 l’Indennità di vacanza contrattuale-Ivc, nel 2023 l’una tantum, nel 2024 la maggiorazione di 6,7 volte l’Ivc). Con il paradosso che, se si firma il CCNL entro il 2024, i colleghi della Lombardia e del Lazio dovranno restituire gli anticipi. Di nuovo c’è, invece, che la stagione contrattuale parta dalla Sanità, visti i noti problemi di personale che la affliggono, anziché dalle Funzioni Centrali.
La riconoscenza va bene, ma è necessario anche un riconoscimento economico. Considerando le risorse finanziarie previste, come si è aperto il tavolo contrattuale degli infermieri?
L’aspetto economico è la pietra d’inciampo di questo rinnovo. Come dicevo poc’anzi, la prima cosa da fare è compensare gli anticipi. Garantire cioè la copertura definitiva di quanto già erogato. Questo, secondo i nostri calcoli, ipoteca circa un miliardo del miliardo e mezzo a disposizione. Occorre poi dare seguito alla disposizione normativa della legge di Bilancio 2024 che prevede l’incremento dell’indennità di specificità infermieristica e di tutela del malato. Anche qui noi abbiamo ipotizzato una spesa di circa 250/300 mila euro. È evidente che le rimanenti risorse a disposizione della contrattazione, circa 200 mila euro, sono davvero pochi spiccioli. Occorre poi fare il conto con un convitato di pietra: l’esonero contributivo. Questo interessa in particolare la categoria dei professionisti sanitari e dei funzionari che hanno stipendi lordi di circa 30/35 mila euro. Oggi chi ha un imponibile previdenziale inferiore a 2.692 euro ha un beneficio in busta paga di 150/160 euro al mese. Con l’aumento contrattuale queste categorie rischiano di superare di poco questa soglia e, quindi, di perdere tale beneficio. Saremmo di fronte, chiaramente, a un paradosso e cioè firmare un contratto in cui gli aumenti economici producono una riduzione dello stipendio netto.
Il tema salariale non può essere sottovalutato dal Governo, anche perché tanti, troppi infermieri vanno ormai a lavorare all’estero, dove le condizioni di lavoro e le retribuzioni sono nettamente superiori. Cosa può dirci a proposito di questo fenomeno?
Il tema salariale è certamente il problema principale evidenziato dagli infermieri che non sono più disposti a fare sacrifici gratis. A loro si chiede sempre di più e si dà sempre di meno, tanto da essere diventata una professione senza alcuna attrattiva. Il fenomeno delle dimissioni inattese – per cambiare lavoro o andare all’estero dove fare nuove esperienze più gratificanti professionalmente ed economicamente – non si può affrontare solo, come prevede l’atto di indirizzo, con permessi, part time e altre flessibilità, perché il disagio del lavoro a turno è difficilmente superabile proprio per una sua caratteristica interna: qualcuno deve lavorare la notte e i giorni di festa. E non possiamo pensare che si possa aumentare il personale turnista perché è proprio per i turni che si cambia lavoro. Senza contare che il 15% del personale infermieristico ha degli esoneri e le maternità – con sgravio dal lavoro notturno fino ai 3 anni del bambino – pesano nel computo del personale disponibile.
I problemi da affrontare e i nodi da sciogliere in questa trattativa sono tanti: qual è secondo il Nursind l’ostacolo maggiore?
Certamente la pregiudiziale per sottoscrivere il contratto è risolvere il problema economico di cui parlavo. Risorse sufficienti per valorizzare la professione e risolvere la perdita del cuneo contributivo.
Nel futuro prossimo la professione dell’infermiere potrà ampliarsi ed evolvere verso nuove competenze. Lei come immagina questa evoluzione?
Il mio auspicio è che il Governo eserciti la delega di riforma delle professioni sanitarie nel senso di riconoscere una maggiore autonomia a quanto già oggi fa l’infermiere, se non fosse per il vincolo dell’autorizzazione del medico. Penso ne potrebbe beneficiare in primis il cittadino, oltre la professione stessa, diventando in questo modo magari più attrattiva. Da un cambio di passo di questo tipo, inoltre, acquisirebbe maggior valore il sistema degli incarichi, che il contratto prevede, e si potrebbe aumentarne il valore economico proprio perché alla sua base c’è l’esercizio di “funzioni aggiuntive e/o maggiormente complesse”.
M.P.
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