Quando la politica e l’opinione pubblica ritengono necessaria una legge per insegnare l’Educazione civica non fanno altro che certificare il fallimento del ruolo degli adulti, padri e madri in primis ma non solo, e l’incepparsi del naturale rapporto di trasmissione di conoscenze tra le generazioni, che comporta la condivisione, attraverso l’esempio, dei comportamenti fondamentali per la convivenza con gli altri (Educazione civica appunto) da parte di chi ha maturato un’esperienza di vita in comune (adulto) verso chi questa esperienza ancora deve viverla (giovane).
La mancata consapevolezza di questi presupposti espone tutte le leggi al rischio ricordato magistralmente da Manzoni con le sue osservazioni sulle grida contro i bravi, cioè tanti bei propositi e stupende intenzioni che rimangono sulla carta senza alcun effetto sui comportamenti che si vorrebbero insegnare e/o correggere.
La legge 92 del 20 agosto 2019 “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’Educazione Civica” non è una buona legge perché i buoni propositi e i princìpi condivisibili sono definiti dentro un quadro organizzativo pensato da chi non conosce la realtà scolastica e le sue dinamiche.
Infatti, l’insegnante che della scuola ha esperienza non riscontra alcuna novità rispetto alla retorica delle “mille educazioni” che nel passato, e come è evidente ancora nel presente, la politica scolastica e la società, non essendo più in grado di farlo in proprio, hanno scaricato sui docenti.
Anche in questa occasione si alimenta una grande confusione sul ruolo della scuola e degli insegnanti, ben delineata da Frank Furedi nei suoi studi: la scuola diventa un contenitore buono per tutti i gusti, distogliendo gli insegnanti e tutto il sistema dalla funzione primaria dell’istruzione, cioè trasmettere le conoscenze disciplinari acquisite dal passato (il sapere accademico) che costituiscono le basi per l’evoluzione futura della società.
Confusione, questa, che è la causa principale dell’erosione dello spazio professionale degli insegnanti e che determina la perdita del loro status sociale.
La legge sull’insegnamento dell’Educazione civica rivela, per dirla con Furedi, “un problema di fondo dell’istruzione: la mancanza di chiarezza su come impostare l’insegnamento morale ai giovani”. Infatti, l’autore, che cita J. Habermas secondo cui “non esiste una creazione amministrativa di senso”, sostiene che “l’esperienza indica che non è possibile creare artificialmente una nuova tradizione etica in grado di ispirare le giovani generazioni e che né i valori né i significati possono essere fabbricati a comando dalle personalità di governo e dagli esperti”.
Per concludere, mi preme ricordare tuttavia che l’educazione dei giovani si fa prima di tutto con l’esempio e per l’ennesima volta la politica non sta dando un buon esempio.
Insomma, il rischio concreto è che l’insegnamento dell’Educazione civica come pensato nella proposta di legge del testo unificato si riveli, per dirla con Furedi, “Fatica sprecata”.
Gianluigi Dotti
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