Nell’ultimo periodo si è molto dibattuto su come affrontare la Fase 2. Sui media è un susseguirsi di pareri e idee alternative, ma la discussione risente della necessità di risolvere problemi immediati, tralasciando i temi della programmazione a lungo termine.
Il dibattito sulla Pubblica Amministrazione non fa eccezione. L’attività dello Stato, degli enti territoriali, della scuola, per non parlare della sanità, non si è mai fermata e questo ha permesso al Paese di non sprofondare. Eppure anche qui si parla solo di breve periodo, evitando di provare a ripensare le pubbliche amministrazioni, facendo tesoro dell’esperienza di questi mesi.
In questa crisi abbiamo usato al meglio l’italica “arte di arrangiarsi” e, ancora una volta, gli italiani nell’emergenza hanno saputo dare il meglio di sé, e i lavoratori pubblici non hanno fatto eccezione. Ma può bastare questo a darci fiducia per il futuro, senza immaginare interventi strutturali profondi?
E’ importante tenere presente che le pubbliche amministrazioni hanno reagito alla duplice necessità di fornire i servizi richiesti senza però creare focolai di infezione all’interno degli uffici, mutando la modalità ordinaria di prestazione lavorativa in “smart working” – o sarebbe meglio dire “home working”, giacché di smart in questa fase c’è davvero poco.
La risposta non è stata uniforme. Di certo ha influito l’inattesa esplosione di una così grande crisi, ma alcune amministrazioni si sono mostrate particolarmente restie ad adottare nuovi strumenti.
Non è solo un problema di strumenti e competenze informatiche, su cui pure bisognerà investire, ma di obsolescenza delle strutture organizzative. Il modello verticale, basato su livelli gerarchici rigidi e sull’assenza di iniziativa personale, ha spesso ritardato la piena operatività della macchina burocratica. La sfida del futuro non sarà la flessibilità, parola fin troppo abusata nel dibattito economico giuridico di questi anni, ma la resilienza, cioè la capacità di adattarsi velocemente al mutare delle condizioni esterne.
Nel Paese delle continue riforme della Pubblica Amministrazione c’è bisogno di norme per traghettare la macchina burocratica verso modelli resilienti? Nell’eventualità, devono essere di semplice supporto o norme che vanno a modificare l’impalcatura completa?
I prossimi rinnovi contrattuali saranno sufficienti a ridisegnare strutture burocratiche più orizzontali, investire in formazione, rivedere i sistemi di premi e incentivi, ripensare gli ordinamenti professionali per dare la possibilità al lavoratore di esprimere in modo pieno capacità e competenze acquisite?
L’unico modo per farsi trovare pronti alla prossima crisi è farsi carico di queste esigenze e avere il coraggio di semplificare la macchina amministrativa mantenendo i principi di garanzia nei confronti dei cittadini e istituendo procedure che possano pienamente sfruttare le nuove tecnologie, tale da rendere così l’agire amministrativo più “user friendly” e snello, adatto ai nuovi tempi che ci aspettano.
Vincenzo Patricelli
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