Più ombre che luci nell’atto di indirizzo politico-istituzionale 2020 della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Secondo la Gilda degli Insegnanti, infatti, sono molti gli aspetti critici contenuti nel documento redatto dalla titolare di viale Trastevere che detta le linee programmatiche del dicastero.
Partiamo dal primo punto: lo studente al centro. Quando scrive che serve “un ripensamento delle metodologie didattica tradizionale” e che bisogna superare la lezione frontale per favorire un coinvolgimento diretto degli studenti e una loro partecipazione diretta nella costruzione del sapere, la ministra si lascia ammaliare dal canto di quelle sirene fautrici di un approccio alla pari tra docenti e discenti, trascurando che ad essere essenziali sono i contenuti, non le modalità attraverso le quali vengono trasmessi. Quanto, poi, alla relazione tra insegnanti e alunni, ci preme ricordare che si tratta di un rapporto ontologicamente asimmetrico e che tale deve rimanere affinché il docente possa svolgere al meglio il proprio lavoro e lo studente possa trarne il maggior beneficio possibile.
Desta forte contrarietà anche il passaggio in cui si parla di “personalizzazione dei percorsi di apprendimento”: la scuola, luogo comunitario di apprendimento e crescita, deve dare a ciascun allievo le stesse opportunità che poi ognuno metterà a frutto in base alle proprie inclinazioni e capacità e all’impegno profuso.
Quanto mai allarmante la dichiarazione di intenti per cui “il Ministero avvia un processo di revisione degli organi collegiali, finalizzato a ridefinirne la composizione e ad attualizzarne i compiti”, frase da cui si evince che il Ministero vuole dare ulteriore impulso al concetto di governance della scuola, che già tanti danni ha provocato al nostro sistema dell’istruzione.
C’è poi il capitolo della formazione obbligatoria degli insegnanti per la quale Azzolina intende definire un monte ore annuale da inserire nel prossimo contatto nazionale. Su questo punto l’opposizione della Gilda è ferma: inserire nel contratto le ore spese dai docenti per la formazione comporterebbe un aumento dell’orario di lavoro che in alcun modo è accettabile sia svolto gratis. Considerato che le risorse attualmente disponibili per il rinnovo contrattuale sono ben lontane dal soddisfare la legittima rivendicazione di un dignitoso aumento di stipendio, sarebbe preferibile, invece, inserire nel contratto periodi sabbatici per consentire l’aggiornamento degli insegnanti, analogamente a quanto avviene per i professori universitari.
Ester Trevisan
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