Nonostante la Pianura Padana dall’inizio dell’anno sia soffocata dai PM10, e Milano, secondo il sito svizzero IQAir, abbia registrato in questi giorni una concentrazione di Pm 2.5, quasi trenta volte superiore al valore guida annuale della qualità dell’aria indicato dall’Oms, molte pubbliche amministrazioni non spingono ancora sul lavoro agile, strumento che, come ben sappiamo, limita gli spostamenti dei lavoratori e, conseguentemente, le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Nonostante siano tanti i benefici del lavoro agile, tra cui anche quello di contribuire a mantenere livelli di qualità dell’aria accettabili, è ancor oggi tanta la cecità culturale che impedisce allo strumento di decollare.
Come mostra un report dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), nel corso del mese di gennaio 2024, nella Pianura Padana è stata superata in più casi la soglia critica delle concentrazioni di PM10. L’Esa ha elaborato un’animazione che mostra l’andamento delle concentrazioni orarie del particolato, immagini che sono ben distanti da quelle osservazioni satellitari di cieli limpidi a cui ci eravamo abituati durante la pandemia da Covid-19, periodo in cui molti provvedimenti andavano nella direzione di ridurre, ove possibile, lo spostamento delle persone.
In quella triste pagina della nostra storia, un barlume di luce aveva illuminato le menti dei governanti, diradando quei muri di nebbia culturali che non consentivano di guardare all’innovazione e che, fino ad allora, avevano relegato all’utopia il passaggio verso l’utilizzo diffuso del lavoro agile. In quel frangente, un grosso passo avanti l’aveva fatto anche la PA, allora guidata dalla ministra Dadone, che però, di lì a poco, dovette cedere il posto al ritorno di Brunetta.
Da lì in avanti, il processo di innovazione della PA ha subito una brusca frenata, in particolare con l’introduzione dell’illogico quanto irrazionale principio della prevalenza in presenza, fortemente voluto dal ministro, principio che ha letteralmente strappato le ali al lavoro agile.
E così, oggi, molte amministrazioni, pur avendo a disposizione gli strumenti per consentire al personale di lavorare in modalità agile e pur avendo dati che dimostrano l’incremento della produttività che deriva dall’utilizzo di tale forma di lavoro, impongono limiti ai numeri di giorni di lavoro agile espletabili, limiti che finiscono solo per penalizzare sia quei lavoratori che necessitano di una maggiore conciliazione vita-lavoro, sia l’intera collettività che si vede costretta a convivere con un’aria resa sempre più irrespirabile anche a causa di inutili spostamenti di lavoratori.
Sarebbe opportuno, allora, che si riportasse la Pubblica Amministrazione sui giusti binari per riprendere quel processo di innovazione, bruscamente interrotto da chi teme i cambiamenti culturali. Oggi, infatti, assistiamo ad amministrazioni che, oltre a limitare l’uso del lavoro agile in applicazione del citato principio della prevalenza in presenza, tentano, con un intento quasi punitivo verso lo strumento, di penalizzarne ulteriormente l’uso, introducendo rigidità che non consentono variazioni o concentrazioni dei giorni in particolari periodi, modifiche queste ultime che, a volte, potrebbero essere motivate anche da esigenze di servizio.
Non solo, alcune amministrazioni non elargiscono ai propri lavoratori che scelgono di lavorare in smart working né i ristori né tantomeno i buoni pasto e impongono fasce di operatività addirittura superiori a quelle previste per il lavoro in presenza.
Tutto questo, oggi, soffoca le motivazioni di molti lavoratori e, indirettamente, soffoca un’intera popolazione che è costretta a respirare anche le polveri sottili che si generano con i massicci spostamenti casa-lavoro. Spostamenti questi ultimi che, invece, con un po’ di intelletto, potrebbero essere facilmente ridotti, migliorando nel contempo anche la produttività del lavoro e soprattutto la salute di tutti.
Marco Petta
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