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GLI ESPERTI RISPONDONO

Le prove Invalsi aiutano a migliorare il sistema d’istruzione?

Le rilevazioni sugli apprendimenti degli studenti furono introdotte con la legge n.176 del 25 ottobre 2007 che fissò il mandato per l’INVALSI con l’obiettivo di “rilevare”, attraverso apposite prove, i “livelli di apprendimento di conoscenze e abilità degli alunni”.

L’INVALSI è ente di ricerca autonomo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che – vigilato del Ministero dell’istruzione – ha raccolto l’eredità del Centro Europeo dell’Educazione (CEDE) istituito nei primi anni settanta del secolo scorso.

Le prove, anche se per un periodo fecero pure media nella valutazione dei singoli alunni – almeno in teoria – non avrebbero dovuto mirare a valutare singoli studenti, singole classi, singoli insegnanti, singole scuole, ma avevano lo scopo di valutare l’efficacia del sistema scolastico nei singoli segmenti scolastici.

Come notava Gianfranco Scialpi nell’articolo “Rapporto Invalsi. Il solito desolante scenario” pubblicato su “La Voce della Scuola” il 14/07/2023, sono davvero << Pochi i miglioramenti>>. E, <<Sostanzialmente l’orizzonte è nero>>. << … In alcune regioni del Sud solo un ragazzo su due delle scuole medie comprende correttamente quello che legge e 2 studenti su 3 non sono capaci di leggere e comprendere un testo in inglese>>.

Permangono <<forti disuguaglianze al Sud sia in termini di capacità della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio-economico-culturali sia in termini di differenze tra scuole e tra classi>> [1].

Metà dei giovani che terminano le superiori non è in grado di comprendere quel che legge e solo il 51% raggiunge il livello base, con un divario tra Nord e Sud di 23 punti e in Matematica – analogamente – il 50% degli studenti raggiunge il livello base. Idem per l’Inglese in cui il 54% degli studenti raggiunge il B2 nella prova di reading e il 41% in quella di listening.

Insomma, pochi i miglioramenti. Anzi, per molti insegnanti i test Invalsi hanno persino effetti negativi sulla didattica perché costringerebbero a modularla sulla base dei quiz, trasformando i docenti in addestratori ai quiz.

Con quel fenomeno noto come teaching to the test. Col rischio – paventato da molti – che lo studente venga ridotto a un codice a barre, esaminato, “classificato e selezionato” per il mercato del lavoro.

Il valore che invece viene rivendicato da chi le prove le elabora è che queste servirebbero a migliorare la scuola.

Christian Raimo, giornalista e scrittore, già dieci anni dopo l’istituzione dei test, in un articolo[2] pubblicato su Internazionale, la rivista diretta da Tullio De Mauro, si domandava se dette prove fossero utili al miglioramento del sistema d’istruzione o se, invece, servissero più che altro a tenere in piedi un carrozzone che le prove le produce.

Nonostante << i boicottaggi dei test hanno accompagnato le prove fin dal suo primo anno di vita, il 2008 … l’Invalsi si è ingrandito, ingigantito, raddoppiando i finanziamenti che ogni anno riceve, e aumentando il peso nel dibattito pubblico sulla scuola e ripercussioni più o meno evidenti anche sulla didattica>>.

Nel 2021, i milioni di euro spesi con l’Invalsi hanno superato i sette all’anno e il 21 agosto del 2023, la sezione “controllo enti” della Corte dei Conti ha approvato, con Delibera n. 80/2023, la relazione sulla gestione 2021 dell’INVALSI.

Come si legge sul sito cortedeiconti.it <<L’analisi comparativa sul budget del quadriennio 2019-2022 ha evidenziato come il 65% delle risorse stanziate per lo svolgimento delle prove omonime sia stato destinato alla remunerazione di servizi esternalizzati, con il ridotto concorso delle professionalità interne. Il dato relativo al 2022, pari a 7.240.235 euro, è in aumento e indica una programmazione non orientata all’efficiente utilizzo delle risorse assegnate>>[3].

E si aggiunge che <<L’esame condotto sull’affidamento dei servizi conferma una gestione delle procedure di gara caratterizzata da ricorsi generalizzati allo strumento dell’accordo quadro, sia per la scelta del contraente che per l’affidamento dei servizi stessi (su un valore di 5.872.255 euro per le procedure aggiudicate nel 2021, 5.388.577 sono riconducibili a contratti esecutivi di accordi quadro), con una riduzione della concorrenzialità>>[4].

Nel 2023 le prove Invalsi costarono ben 4 milioni e 900 mila euro, con un bilancio complessivo dell’Ente di circa 18 milioni di euro.

La perplessità più comune rispetto alle prove Invalsi è che trasformino la scuola in un testificio dove la valutazione tout court sostituisce la ricerca pedagogica.

Benedetto Vertecchi e Giorgio Israel, hanno cercato di ridimensionare il ruolo dei test e addirittura di cancellarli. Ma per farsi un’idea di questa prospettiva critica, bastino due testi come La tirannia della valutazione di Angelique del Rey e Valutatemi! di Bénédicte Vidaillet, in cui si sottolinea chiaramente come l’eccessivo peso attribuito ai test, generi negli studenti ansia da prestazione e da competizione.

E adesso, da un paio d’anni, c’è anche la questione della “schedatura” della fragilità degli alunni in base al doppio parametro del risultato nei test abbinato al livello socio economico, e che qualcuno ritiene anche una violazione della privacy e una marchiatura degli alunni.

Sembrerà strano, ma qualche anno fa proprio l’INVALSI ammise candidamente che i test “servono poco al miglioramento del sistema scolastico”, scrivendo, sul proprio sito web, che:

<<Le prove non possono misurare tutto. Ci sono competenze importanti – ad esempio quelle di comunicazione verbale e scritta, affettive e relazionali – che non sono valutabili con una prova standardizzata ma solo attraverso il contatto quotidiano che l’insegnante ha con i suoi allievi. Per questo le prove Invalsi non possono valutare globalmente uno studente né possono monitorare e guidare il processo di apprendimento tenendo conto di tutte le variabili che inevitabilmente sfuggono alla valutazione standardizzata>>[5].

Peccato che il costo delle prove sia andato sempre aumentando, il miglioramento del sistema resti una chimera e il merito soltanto un distintivo nella denominazione.

 

Giuseppe Candido

 

[1] Gianfranco Scialpi, La voce della Scuola, 14/07/2023, https://www.vocedellascuola.it/2023/07/14/rapporto-invalsi-2023-la-conferma-di-un-disastro-formativo-che-interessa-poco/#

[2] Christian Raimo, Internazionale, I test invalsi servono a migliorare la scuola? 13/07/2018, https://www.internazionale.it/bloc-notes/christian-raimo/2018/07/13/amp/invalsi-scuola

[3] SCUOLA, CORTE CONTI: LA GESTIONE 2021 DI INVALSI

https://www.corteconti.it/HOME/StampaMedia/Notizie/DettaglioNotizia?Id=d8752b79-8a72-46d4-a625-e19711f52011

[4] Ibidem

[5] Alex Corlazzoli, Il fatto quotidiano, Anche l’INVALSI ammette che il test non serve a nulla. Ma ormai i buoi sono scappati, 7/05/2018 https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/07/anche-invalsi-ammette-che-il-test-non-serve-a-nulla-ma-ormai-i-buoi-sono-scappati/4336881/amp/

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