La direttiva n.3, emanata lo scorso 4 maggio dalla Ministra Dadone, riconferma anche nella fase due il lavoro agile come modalità ordinaria almeno fino al 31 luglio, termine del periodo emergenziale. Ogni Amministrazione può rimodulare le quote di personale in lavoro agile, secondo le proprie necessità, nella massima sicurezza e adottando le precauzioni previste dalle disposizioni del Ministero della Salute e dell’Inail.
La PA in questi mesi, grazie al sacrificio ed all’impegno dei dipendenti, ha continuato a fornire in sicurezza tutte le prestazioni necessarie al Paese e le lavoratrici ed i lavoratori non si tireranno certo indietro ora. Notiamo però in troppe Amministrazioni la voglia di ritorno al passato, ad attività in presenza ingiustificate, che mettono a rischio il personale e la cittadinanza. Tornano i vecchi paradigmi di chi non dirige o coordina il personale ma lo comanda pensando che chiuderlo nel recinto dell’Ufficio e degli orari predeterminati ne migliori la produttività.
Nella fase due occorre tutelare al massimo la salute e allo stesso tempo accompagnare il processo di modernizzazione delle Amministrazioni e dell’organizzazione del lavoro attraverso il decollo di tutte le nuove modalità di lavoro.
In questi giorni siamo impegnati sul campo per affermare questi principi: partendo dalla firma del Protocollo d’intesa dell’8 aprile con la Ministra Dadone, stiamo definendo Accordi in molte Amministrazioni e chiedendo l’attuazione delle norme a tutela della salute e della sicurezza.
Ma c’è bisogno anche di un quadro di regole a monte che impedisca fughe in avanti e individui tempi e modi della ripresa del lavoro in presenza, con l’adeguamento di norme pensate per tempi ordinari a questo periodo straordinario. Un Protocollo per gestire in modo organico e coerente la fase due e che dia anche il via al confronto nell’ambito del rinnovo dei Contratti nazionali di lavoro scaduti da più di un anno.
Queste richieste sono state formulate anche in una lettera inviata alla Ministra Dadone.
Roberto Cefalo
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