Il documento presentato in data 12 gennaio 2021 dal vecchio governo Conte 2 sarà oggetto con la nuova amministrazione di analisi e correzioni che dovranno intervenire entro e non oltre la fine di aprile 2021. Si tratta del famoso Recovery Plan #nextgenerationitalia da più di 220 miliardi. Il PNRR italiano è parte del Next generation EU che è un fondo speciale volto a finanziare la ripresa economica del vecchio continente nel triennio 2021-2023 anche con l’utilizzo di titoli di Stato europei (Recovery bond). I tempi previsti per l’approvazione e la messa in moto sono brevi. Entro la fine del 2022 deve essere impegnato il primo 70% delle risorse, che verrà speso entro la fine del 2023. Il restante 30% sarà invece speso entro il 2025. Il Recovery Plan complessivo si declina in tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. La proposta originaria del PNNR italiano si compone di 6 “missioni e linee progettuali” la quarta delle quali è rappresentata dal settore “Istruzione e Ricerca” con uno stanziamento complessivo di 26,1 miliardi di euro. Il governo Draghi probabilmente metterà mano ad alcune voci, ma sarà soprattutto nella scelta di dettaglio che ci saranno le principali novità.
Le linee di azione sull’Istruzione dovrebbero essere accompagnate da una serie di riforme finalizzate all’ampliamento delle competenze e del diritto allo studio e all’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo curvate sulle esigenze dell’impresa. Non cambia l’indirizzo politico nel campo dell’istruzione che ha caratterizzato riforme e politiche degli ultimi 40 anni. La cura rimane la stessa anche se i dottori possono essere diversi e il malato non guarisce. Molti sono i campi di intervento previsti: il piano Asili Nido e servizi integrati, il potenziamento delle scuole dell’infanzia, la riforma del sistema di reclutamento dei docenti, la creazione della Scuola di alta formazione (Università-Indire) e la formazione obbligatoria per dirigenti scolastici, personale docente e ATA con un sistema di crediti legato allo sviluppo professionale e di carriera. Si prevede altresì il rafforzamento integrato degli STEM (dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics) a partire dalla scuola dell’infanzia (!!) in un’”ottica di piena interdisciplinarietà”, una ennesima riforma degli Istituti Tecnici e Professionali per adeguare i programmi di formazione alle esigenze del mondo della produzione (sic) nell’ottica del “sistema duale” alla base del quale sarebbe compreso il sistema Iftp e degli ITS senza una visione unitaria della sua organizzazione. Si metterebbe mano alla riforma delle classi di laurea, l’introduzione di lauree abilitanti e dei Dottorati con la semplificazione per l’accesso all’esercizio delle professioni con coincidenza dell’esame di laurea con l’abilitazione alla professione. Non si capisce se ciò varrà anche per l’abilitazione all’insegnamento.
Il PNRR comprenderebbe parti significative, ma molto generiche, inerenti l’edilizia scolastica e il sistema dei trasporti pubblici che ha determinato i gravissimi effetti sulla frequenza in presenza durante la crisi Covid 19 e una “drastica semplificazione amministrativa”.
Esprimiamo al momento perplessità circa i tempi e modi di attuazione. Un piano di edilizia scolastica privo della necessaria riduzione del numero di allievi per classe è semplicemente aleatorio. Imbarazzante resta, nel caso della scuola, il riferimento alla centralità della missione inerente la semplificazione amministrativa e digitale. Tutti gli atti e provvedimenti degli ultimi anni hanno solo aumentato il carico burocratico sui docenti e la didattica o hanno proposto soluzioni digitali improbabili con una struttura amministrativa ancora ingessata. La presenza del neo ministro Brunetta non fa che aumentare le inquietudini.
Molte ombre e poche luci. Soprattutto nel campo della scuola dove si immagina una revisione di fatto dello status giuridico e professionale dei docenti e si interviene pesantemente sui contenuti del sapere per sposare le teorie delle competenze curvate sulle esigenze dell’economia.
Aspettiamo che Draghi cominci a comunicare le scelte di riorganizzazione del PNRR. Su queste ci confronteremo confidando in una revisione di alcune scelte che non possiamo condividere.
Fabrizio Reberschegg
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