Quello del congedo di paternità resta ancora un nodo da sciogliere per i dipendenti della PA, in quanto questi ultimi possono usufruire dei tre giorni per motivi personali e familiari, specificando come motivazione la nascita del figlio, diversamente da quanto accade per i dipendenti degli enti privati.
Con la legge di Bilancio 2017, art. 354 comma 1, il congedo paternità per i dipendenti del settore privato passava da 2 a 4 giorni, anche non continuativi, ma non frazionabili ad ore.
Con la legge di Bilancio 2019 ed il pacchetto famiglia, ai 4 giorni obbligatori è stato aggiunto un ulteriore giorno facoltativo, da usufruire entro i 5 mesi dal parto.
La Direttiva Europea prevede che il padre o il secondo genitore equivalente, se riconosciuto dalla legislazione nazionale, avrà diritto ad almeno 10 giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito nei giorni vicini alla nascita o al parto del feto morto. Tale congedo dovrà essere pagato ad un livello non inferiore all’indennità di malattia.
In base alle ultime notizie trapelate, nella norma della Legge di Bilancio 2020, il governo potrebbe inserire tra i nuovi bonus famiglia 2020 l’estensione a 7 giorni per il congedo paternità.
Naturalmente tali disposizioni non sarebbero estese ai lavoratori dipendenti da pubbliche amministrazioni, in quanto, così come chiarito dal Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri con la nota 8629/2013, l’applicazione è rimandata ad una norma di approvazione del ministro per la Pubblica Amministrazione che dovrà individuare e definire gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina. La normativa sul congedo di paternità fa infatti riferimento alla Legge n. 92 del 28 giugno 2012 e da allora si è in attesa delle disposizioni necessarie all’applicazione per i dipendenti pubblici.
Andrea Bottega, Segretario Nazionale NurSind, ha affermato in una nota stampa come questo passo avanti denoti da parte del governo una maggiore attenzione alla famiglia, ma che sarebbe ora di dare questa opportunità anche ai lavoratori del pubblico impiego.
“Non si tratta, infatti, di sanare una disparità di trattamento, dal momento che per gli statali tale strumento non esiste, ma di colmare letteralmente una lacuna. Già nel 2013 la Funzione pubblica – spiega Bottega – aveva chiarito che il diritto al congedo per i padri, contemplato nella riforma del lavoro, non si applica direttamente alle pubbliche amministrazioni ma necessita di un recepimento da parte del ministro. Da allora, però, sono trascorsi ben sei anni e nessun inquilino di palazzo Vidoni ha preso in mano il dossier”. Di qui, l’invito del Nursind al ministro per la PA Fabiana Dadone “a raccogliere questa istanza, dimostrando una sensibilità mancata fino a ora: le famiglie e i figli di lavoratori pubblici e privati sono uguali. E’ un’ovvietà, ma è il momento di dimostrarlo coi fatti“.
Dott.ssa Marialuisa Asta
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