Aveva sbagliato termine. Il professore universitario Giuseppe Valditara, da poco più di un mese nominato ministro dell’Istruzione e del Merito, ha ammesso, senza giri di parole, di avere pronunciato la parola “umiliazione” (definendola “un fattore fondamentale di crescita” perché in certi casi “ci vuole anche la stigmatizzazione pubblica”), ma in realtà avrebbe voluto dire “umiltà”: quindi, ha specificato in serata, i ragazzi che sbagliano dovrebbero realizzare un percorso per arrivare ad acquisire “l’umiltà di chiedere scusa“.
Avevano in effetti prodotto non poche polemiche le parole del ministro Valditara sulla necessità che gli studenti che commettono errori seguano un percorso riparativo nei confronti della comunità senza escludere anche l’”umiliazione”, la quale – secondo il Ministro – avrebbe un valore altamente formativo.
“Ho usato al momento un termine sicuramente inadeguato“, però “confermo il messaggio: imparare l’umiltà di chiedere scusa”, ha sottolineato Valditara.
Il ministro ha detto: “Nel video del convegno di Direzione Nord a Milano ho utilizzato un termine che non spiega affatto il senso del mio ragionamento. Stavo intervenendo su un episodio oggettivamente intollerabile, quello di uno studente che ha preso a pugni una professoressa. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli svolgere lavori socialmente utili alla comunità scolastica”.
Lavori socialmente utili che, a differenza di oggi, andrebbero quindi estesi anche a sospensioni da scuola superiori ai 15 giorni.
“In questi casi – ha aggiunto Valditara – ero e rimango pienamente convinto che realizzare il proprio errore, imparare l’umiltà di chiedere scusa, affrontare il senso del limite e della responsabilità delle proprie azioni sia un passaggio denso di significato formativo e culturale”.
E ancora: secondo il numero uno del dicastero bianco, “ammettere i propri errori significa realizzare che la realtà è più grande del proprio Io. È un tema di cui talmente avverto l’urgenza, da persona prima che da ministro, che al momento mi ha fatto utilizzare un termine sicuramente inadeguato, cosa di cui mi dispiaccio io per primo“, ha aggiunto.
“Riconfermo, invece, totalmente il senso del messaggio: alla società dell’arroganza occorre rispondere con la valorizzazione della cultura del rispetto e del limite e con la riscoperta del valore fondamentale dell’umiltà“, ha concluso Valditara.
Tosolini l’aveva preannunciato
La precisazione del ministro dell’Istruzione e del Merito era stata in qualche modo anticipata da Aluisi Tosolini: l’ex dirigente scolastico, interpellato dalla Tecnica della Scuola, aveva definito “incomprensibile” l’espressione di Valditara. “Non mi risulta che il ministro sia un esperto di pedagogia; non esiste da nessuna parte che l’umiliazione sia formativa. Come pure la stigmatizzazione, perchè è come dire: ‘tu non puoi cambiare’. Troppo spesso noi confondiamo – ha ancora detto Tosolini – umiliazione con umiltà. La prima cosa che deve fare l’umile è eliminare l’umiliazione”, la quale “accentua il percorso errato”.
“L’umiliato non va da nessuna parte, ecco perchè non è formativa l’umiliazione. Pensare ad una pedagogia dell’umiliazione sarebbe gravissimo. Spazio invece – ha concluso il preside – alla pedagogia della responsabilità. Il ministro ha detto una sciocchezza, perchè si è lasciato andare ad un ragionamento partito bene ma finito malissimo”.
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