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GLI ESPERTI RISPONDONO

Taglio alle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, blocco turnover in Manovra

Cosa accadrà alla Pubblica Amministrazione nei prossimi anni? Molti dipendenti pensionabili resteranno al proprio posto, con bonus

Di colpo ci si ritrova a parlare di un netto cambio di tendenza per quanto riguarda la pubblica amministrazione. La tanto discussa Manovra, infatti, prevede anche l’articolo 110, destinato probabilmente a divenire uno dei tanti temi di dibattito. Cosa prevede? Di fatto impone un turnover dei dipendenti al 75%. In parole povere, al netto dei recenti concorsi istituiti, la Pubblica Amministrazione è destinata a (soc)chiudere le porte.

Manovra, stop alle assunzioni

Il governo di Giorgia Meloni sorprende con l’articolo 110 in Manovra. Un tema delicato, quello delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, considerando anche alcuni settori in particolare affanno. Per questi però l’esecutivo promette delle eccezioni.

Il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo ha sottolineato come non sia contento del taglio del turnover ma, al tempo stesso, ha ribadito come questo non sia un mondo ideale: “Facendo parte del governo, occorre avere il senso di responsabilità”.

Ha inoltre ribadito come il peso su quello che è il necessario ricambio generazionale sarà minimo. Il motivo? Tale cambio di rotta riguarda soltanto il 2025. Una misura molto circoscritta, così la definisce, ma a tanti appare come un netto freno che potrebbe essere rinnovato in futuro. Il passo indietro infatti resta e, per quanto riguarda la durata di un anno, sappiamo che la politica ha la memoria corta.

La Manovra di Meloni

Ancora una volta il governo fa i conti con quelle che sono le richieste che provengono dall’Unione europea. È importante ridurre il turnover perché ci si avvicina in questo modo al parametro europeo del controllo della spesa primaria corrente.

Cosa cambierà in termini concreti? In Manovra sarà presente questa richiesta per tutti i dipendenti pubblici. Potranno continuare a ricoprire il ruolo ottenuto per altri due anni dopo aver maturato i requisiti necessari per il pensionamento. Saranno 24 mesi caratterizzati da un bonus contributivo, che di fatto incrementerà il loro stipendio.

Un investimento economico controllato, che consente di non sfoltire in maniera eccessiva gli organici, pur proseguendo a un processo di svecchiamento e arricchimento dei gruppi impiegati, soprattutto in certi settori.

Zangrillo ma digerisce le critiche e ribadisce il lavoro svolto in questi anni: “Abbiamo inserito 170mila persone nel 2023 e nei primi 8 mesi di quest’anno abbiamo bandito 13.200 concorsi, ricevendo 2 milioni e 100mila candidature. Il nostro è uno sforzo straordinario e combatto dalla prima ora l’idea di una pubblica amministrazione fondata sul posto fisso. I giovani non si accontentano della stabilità. Le nuove generazioni vogliono che sia coniugata in maniera differente rispetto al racconto di alcuni anni fa. Chiedono sia sinonimo di esperienza, competenza e vissuto, qualcosa che mi renda riconoscibile sul mercato del lavoro, anche con la possibilità di crescere in termini retributivi”.

La ministra del Lavoro Elvira Calderone si è invece espressa in altri termini. Dal suo punto di vista, infatti, non si può parlare di blocco del turnover. Il governo Meloni offre una possibilità, principalmente in ruoli di difficile sostituzione, di proseguire in ciò che è il proprio percorso: “Ciò non vuol dire chiudersi a nuove risorse”.

Concorsi PA, le eccezioni

Considerando l’allarme della Sanità in Italia, sarebbe stato impensabile comprendere anche questo settore a rischio nel rallentamento delle assunzioni. La mancanza di camici bianchi è infatti divenuta cronica in questo sistema decisamente arretrato, sotto vari aspetti, rispetto ai grandi Paesi d’Europa. Nello specifico, sul fronte nuovi ingressi, si mira a 30mila nuovi contratti per infermieri nel corso dei prossimi anni.

Dal quadro crisi non si possono escludere i piccoli Comuni, che dal 2007 al 2022 hanno visto un crollo del personale, passando da 479mila a 342mila unità. Un calo che non sembra destinato ad arrestarsi. L’Ifel prevede che nei prossimi dieci anni andrà rimpiazzato ancora un terzo dei dipendenti, ovvero diecimila persone per ogni anno.

Altro campanello d’allarme è rappresentato dai tribunali e dall’Agenzia delle Entrate. Nel primo caso mancano all’appello 14mila dipendenti. Si fatica inoltre anche a individuare personale disposto a operare nelle carceri. Le eccezioni esistono e sono chiave, dunque, ma resta da capire che piani specifici abbia l’esecutivo in merito.

Di: Luca Incoronato

QUIFINANZA
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