La Corte d’Appello Milano Sez. lavoro, con Sentenza del 18-10-2018 ha espresso dei principi importanti in materia di precariato nella scuola. Confermandosi ancora una volta l’ennesimo pronunciamento restrittivo nei confronti dei precari.
Con sentenza n. 330/2017 il Tribunale di Lecco ha accolto il ricorso proposto da C.L. nei confronti del Ministero dell’Istruzione , dell’Università e della Ricerca ed ha così deciso: 1) dichiara il diritto della parte ricorrente alla sottoscrizione di quattro contratti di lavoro a termine , con scadenze rispettive al 31.8.2013, 31.8.2014, 31.8.2015, 31.8.2016; condanna parte convenuta al pagamento alla parte ricorrente della somma netta complessiva di Euro 10773,54 ( di cui rispettivamente , nell’ordine, Euro 2605,00; Euro 2609,00; Euro 2783,30; Euro 2776,24 , oltre interessi legali dal dovuto al saldo …”. C., assunta come docente, aveva sostenuto di aver stipulato , negli anni scolastici dal 2012/2013 al 2015/2016 , contratti relativi a posti effettivamente vacanti e disponibili e rientranti nella tipologia di supplenza annuale , con la conseguenza che il il temine del contratto medesimo doveva scadere il 31 Agosto e non , come invece indicato nel contratto, il 30 Giugno. Il Tribunale , ricostruito il quadro normativo di riferimento , ha ritenuto la fondatezza, attraverso un mero rinvio all’orientamento espresso in alcune decisioni in materia della Corte di Appello di Milano, della domanda attrice.
Le contestazioni del MIUR
Con un articolato motivo di appello , il Ministero censura la sentenza di primo grado per non aver adeguatamente valutato la documentazione prodotta ; in particolare l’appellante, ricostruendo il quadro normativo di riferimento e puntualmente richiamando per ogni anno scolastico in discussione le risultanze della documentazione prodotta , assume che i posti ricoperti da C. in qualità di docente rientravano in quelli del c.d. organico di fatto e non fossero posti vacanti e disponibili in organico di diritto.
L’appellante rileva inoltre che l’onere della prova di ricoprire un posto in organico di diritto piuttosto che di fatto gravava in capo alla appellata e che il Tribunale non ha allora considerato il mancato assolvimento da parte della ricorrente di tale onere probatorio. Per la Corte d’Appello le censure colgono nel segno.
La normativa di riferimento
Appare opportuno ricordare , per quanto rilevante nella fattispecie , la normativa di riferimento.
La L. n. 124 del 1999, art. 4, che disciplina le “supplenze”, ai primi tre commi testualmente dispone: “1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e semprechè ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee”. Lo stesso art. 4, al comma 11, stabilisce, poi, che le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA).
La differenza tra organico di diritto e di fatto
In materia la Corte di Cassazione ha chiarito : “Le supplenze annuali (c. 1), cosiddette su “organico di diritto”, riguardano posti disponibili e vacanti, con scadenza al termine dell’anno scolastico (31 agosto): si tratta di posti che risultano effettivamente vacanti entro la data del 31 dicembre e che rimarranno scoperti per l’intero anno, perchè relativi a sedi disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da parte del personale di ruolo. La scopertura di questi posti si manifesta solo dopo l’esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; e, verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, mediante l’assegnazione delle supplenze.
Supplenze temporanee su organico di fatto non coprono posti vacanti
Le supplenze temporanee cosiddette su “organico di fatto” (comma 2), con scadenza al 30 giugno, cioè, fino al termine dell’attività didattica, coprono posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico.
Le supplenze temporanee (comma 3), sono conferite per ogni altra necessità, come la sostituzione di personale assente o la copertura di posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31 dicembre, e destinate a terminare non appena venga meno l’esigenza per cui sono stati stipulati.
L’attribuzione del tipo di supplenza, annuale, temporanea fino al termine dell’attività didattica o temporanea per necessità contingenti, è condizionata dalla definizione delle dotazioni organiche e, dunque, dalla consistenza dei posti previsti nelle dotazioni organiche, con atto di macro-organizzazione di portata generale, dall’Amministrazione scolastica…” ( così testualmente in motivazione Cass. 22552/2016 punti 18 e ss. ).
Sull’onere della prova
In punto di diritto, osserva ancora la Corte che , contrariamente all’assunto del Ministero appellante in tema di onere probatorio, nella fattispecie debba tenersi conto del principio – riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova.
Ritiene la Corte che nella fattispecie le circostanze da provare non rientrino simmetricamente nella piena conoscibilità ed accessibilità di entrambe le parti.
In tale contesto il Collegio ritiene allora ragionevole, in presenza comunque di congrue allegazioni del ricorrente , gravare il Ministero dell’onere di provare l’attribuzione di un posto in organico di fatto e non di diritto.
Ciò premesso, ritiene la Corte che nella fattispecie il Ministero abbia provato di aver attribuito a C. posti in organico di fatto e non di diritto..
Clicca sull'immagine per aprire il file in formato PDFSupplenza su organico di fatto (30 giugno), tribunale boccia richiesta estensione al 31 agosto