Dopo la mancata proroga del lavoro agile emergenziale per gli statali, il pubblico impiego si organizza per gestire il passaggio dallo smart working pandemico a quello a regime
Per lo smart working nella p.a. la parola passa ai dirigenti. Dopo la mancata proroga del lavoro agile emergenziale per gli statali, non inserita nel testo definitivo del decreto legge Milleproroghe in Gazzetta Ufficiale (decreto legge 30 dicembre n.215 pubblicato lo stesso giorno sulla G.U n.303), il pubblico impiego si organizza per gestire il passaggio dallo smart working pandemico a quello a regime che ha trovato regolamentazione negli ultimi contratti collettivi (triennio 2019-2021).
A indicare la strada è una direttiva firmata dal ministro della Funzione Pubblica Paolo Zangrillo, lo scorso 29 dicembre, all’indomani della mancata proroga che, accusano i sindacati, pone gli statali in una condizione di sfavore rispetto ai lavoratori del settore privato a cui, invece, la legge di conversione del dl Anticipi (dl 145/2023) ha riconosciuto per lavoratori fragili e genitori di figli under 14 un allungamento del lavoro da remoto emergenziale fino al 31 marzo 2024.
Nella direttiva, Zangrillo osserva come l’ormai superata emergenza pandemica (dichiarata conclusa dall’Organizzazione mondiale della sanità il 5 maggio 2023) abbia decretato il passaggio dello Smart working da strumento emergenziale alla “sua reale natura di strumento organizzativo” che per forza di cose non può prescindere, per ciascun lavoratore, da un accordo individuale, sottoscritto con il dirigente/capo struttura, in cui mettere nero su bianco “obiettivi e modalità ad personam dello svolgimento della prestazione lavorativa”.
“Il quadro odierno, connotato da una disciplina contrattuale collettiva ormai consolidata e dalla padronanza, da parte delle amministrazioni, dello strumento del lavoro agile come volano di flessibilità orientato alla produttività ed alle esigenze dei lavoratori”, ha spiegato il ministro, “ha fatto ritenere superata l’esigenza di prorogare ulteriormente i termini di legge che stabilivano l’obbligatorietà del lavoro agile per i lavoratori che solo nel contesto pandemico sono stati individuati quali destinatari di una specifica tutela”. Il riferimento è ai genitori di figli under 14, a cui lo smart working emergenziale consentiva durante la pandemia “di poter sopperire alla necessaria e temporanea chiusura degli asili e delle istituzioni scolastiche”, e ai lavoratori “fragili”, per i quali è stato previsto lo svolgimento obbligatorio della prestazione lavorativa da remoto. Ora tutto si azzera, ma, ha chiarito palazzo Vidoni, la tutela dei fragili nella p.a. non deve certo considerarsi cessata con la mancata proroga dello smart working. “Si ritiene necessario evidenziare la necessità di garantire, ai lavoratori che documentino gravi, urgenti e non altrimenti conciliabili situazioni di salute, personali e familiari, di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, anche derogando al criterio della prevalenza dello svolgimento della prestazione lavorativa in presenza”, si legge nella direttiva che affida, dunque, agli accordi individuali e ai dirigenti che dovranno firmarli il compito di “individuare le misure organizzative necessarie”.
Sindacati insoddisfatti
La direttiva di Zangrillo non soddisfa però i sindacati. “E’ vergognosa la pezza a colori messa dal governo con questa direttiva”, tuona Rita Longobardi, Segretario Nazionale Uil Fpl. “La tutela della salute va garantita a tutti gli individui senza distinzioni. Gli approcci differenziati definiscono di fatto discriminazioni tra lavoratori di serie A nel privato, rispetto a quelli di serie B, nel pubblico impiego. Il diritto alla salute è unico e non si può contrattare o lasciare alla discrezionalità dei singoli datori di lavoro”.
Il testo del documento su www.italiaoggi.it/documenti-italiaoggi