(Teleborsa) – Lo Smart Working in Italia si dimostra resiliente e consolidato, con 3,55 milioni di lavoratori da remoto nel 2024, quasi stabile rispetto al 2023 (-0,8%). Se da una parte aumenta il numero di smart worker nelle grandi aziende, che raggiungono i 2 milioni, dall’altra il trend è in calo nelle PMI, mentre rimane stabile nella Pubblica Amministrazione. Per il 2025 si prevede un ulteriore incremento del +5%, soprattutto nelle grandi imprese e nella PA, che puntano a espandere le iniziative di lavoro agile.
Le aziende sperimentano nuove formule di flessibilità, come la settimana corta e l’International Smart Working, adottate da meno del 10% delle organizzazioni ma con crescente interesse. Gli spazi di lavoro sono sempre più mirati al benessere, con ambienti flessibili e aree di socializzazione, ma c’è ancora margine di miglioramento sul fronte della sostenibilità e dell’inclusività.
Al convegno “Tra Smart Working e Return-to-Office“, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha presentato la sua ricerca, rivelando che il 73% degli smart worker è contrario a un ritorno esclusivo alla presenza fisica. Sono stati assegnati gli “Smart Working Award 2024” a Carrefour Italia, Vaillant Group Italia e INPS per l’innovazione nelle loro pratiche di lavoro agile.
“Negli ultimi mesi, a causa dell’eliminazione degli ultimi obblighi normativi sullo Smart Working e della scelta di alcune grandi multinazionali di far tornare i propri lavoratori totalmente in presenza, si è decretata prematuramente la fine dello Smart Working – spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working -. In realtà i numeri fotografano un’altra realtà, con i lavoratori da remoto sostanzialmente stabili rispetto allo scorso anno. Il lavoro agile cresce nelle grandi aziende e cala nelle PMI. Nelle piccole realtà la fine dell’obbligo dello Smart Working per i lavoratori fragili ha riportato in ufficio molti lavoratori, probabilmente perché questo modello organizzativo è ancora visto, prevalentemente, come uno strumento occasionale di conciliazione tra vita privata e lavorativa e non come una vera e propria innovazione nell’organizzazione del lavoro”.
“La flessibilità nell’organizzazione del lavoro è rilevante per attrarre e trattenere talenti. Per questo le organizzazioni stanno valutando e sperimentando nuovi modelli per ampliare il numero di persone che possono fruire di forme di flessibilità e, allo stesso tempo, accedere ad un più ampio bacino di competenze necessarie – dice Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working -. Si va dalla settimana corta, adottata effettivamente da meno del 10% delle aziende, ma che riscuote molto interesse, all’International Smart Working: un fenomeno praticato nel 29% delle grandi imprese e che permette di impiegare persone che risiedono all’estero, siano esse di nazionalità straniera o italiana”.
L’atteggiamento dei manager ha un ruolo cruciale nel determinare l’adozione delle pratiche di Smart Working e il loro effettivo utilizzo. Il 53% delle grandi imprese ritiene che i propri manager siano promotori di tali iniziative mettendole in pratica e stimolando anche i propri collaboratori a farlo. Nel settore pubblico e nelle PMI questo atteggiamento positivo è meno diffuso, presente solo, rispettivamente, nel 35% e nel 27% delle organizzazioni. Oltre un terzo delle PMI dichiara, invece, che i propri responsabili hanno un atteggiamento scettico rispetto allo Smart Working, permettendo alle persone di lavorare da remoto solo in presenza di particolari necessità o addirittura non incentivandone l’applicazione. Un approccio strategico in cui sia lavoratori che manager rivedono il proprio modo di lavorare coerentemente con la filosofia delle Smart Working, è presente solo nel 33% delle grandi imprese, nel 20% delle PA e nell’8% delle PMI, e porta a risultati superiori in termini sia di prestazioni organizzative che di benessere delle persone.
Cresce l’attenzione al ripensamento degli spazi di lavoro per renderli più efficaci ed attrattivi in un modello di lavoro Smart. Il 78% delle grandi imprese ha, almeno in alcune sedi, spazi flessibili, riconfigurabili, differenziati e che permettono un uso efficace degli ambienti, soluzioni presenti anche nel 49% della PA e nel 34% delle PMI. Il 56% delle grandi imprese e il 28% di PMI e PA hanno introdotto nelle loro sedi spazi dedicati al recupero delle energie e alla socializzazione, mentre restano ancora poco diffuse le soluzioni per il benessere fisico come gli standing desk.
Meno di 1 azienda su 10 ha adottato la settimana corta, ma nonostante una diffusione ancora contenuta, questa sta riscontrando interesse nelle organizzazioni. I modelli e le pratiche sono molto diversi, dalla settimana compressa ai venerdì brevi, talvolta applicati solo in determinati periodi dell’anno, o una rimodulazione dell’orario lavorativo riservate a specifici profili di lavoratori, come quelli su turni. Le motivazioni principali per cui le organizzazioni hanno implementato o stanno valutando di introdurre la settimana corta sono: migliorare il bilanciamento fra vita privata e lavorativa delle persone (per il 91% delle aziende), la volontà di aumentare la soddisfazione lavorativa e l’engagement (89%) e la capacità di risultare più attrattive sul mercato del lavoro (56%). Il miglioramento della produttività non figura tra le principali motivazioni dichiarate.