il tema delle competenze e dei ruoli in sanità è stato, è e sarà cruciale per l’assetto del sistema sanitario. Dal 2014 ne discutiamo animatamente anche attraverso le pagine di QS. La discussione, a mio parere, non va repressa.
In passato abbiamo assistito a prese di posizione forti anche in occasione dell’emanazione del comma 566. Il tema e i contrasti sono stati così aspri e importanti che qualcuno ha anche pagato di persona per le sue prese di posizione.
Non stupisce, pertanto, quanto scritto dal prof. Ivan Cavicchi a commento della X Conferenza sulle politiche della professione infermieristica. Quanto scrive è perfettamente in linea con quanto ha sempre espresso e sostenuto a partire – almeno per la mia esperienza – dalla pubblicazione de “Il riformista e l’infermiere” fino ad arrivare al più recente lavoro sulla deontologia medica presentato a Trento: un professionista è un “auto-re”, le professioni sanitarie devono “co-evolvere” e gli infermieri devono superare la “post-ausiliarietà” attuando a pieno il mandato delle legge 42/99.
Il problema del perimetro delle competenze, dello sviluppo professionale, dei ruoli e del rapporto tra professioni è un problema che investe in pieno anche il terreno sindacale soprattutto ora che è stata istituita un’apposita commissione paritetica presso l’Aran per riflettere e avanzare proposte su inquadramenti e declaratorie della carriera professionale.
In tale contesto la posizione dell’IPASVI prima e della FNOPI ora, sui temi a forte impatto professionale, ha e avrà un peso rilevante.
Da quanto si legge negli atti della conferenza citata è condivisibile il timore di vedere, sulla definizione del ruolo dell’infermiere e delle sue competenze, l’ombra del comma 566 cioè di un ampliamento del profilo, per dirla con le parole del contratto: eseguire “compiti (che) sono aggiuntivi e/o maggiormente complessi e (che) richiedono significative, elevate ed innovative competenze professionali rispetto a quelle del profilo posseduto”.
Seguire la via “prestazionale” – per citare sempre il CCNL – per noi non è strada giusta per realizzare la vera evoluzione dell’infermieristica e dell’infermiere. Acquisire e svolgere ulteriori mansioni significa far rientrare dalla finestra ciò che è stato messo fuori dalla porta. Perché la maggiore competenza non deriva dal rosicchiare attività altrui ma dal saper fare bene l’infermiere, quello della legge 42/99 che ancora non si è realizzato in molte realtà italiane.
Seguire le regole del “mercato” come indicato dal prof. Del Vecchio occupando il vuoto lasciato da altri significa seguire uno sviluppo professionale basato sull’eterodirezione. L’allarme che Cavicchi lancia va, a mio parere, in questa direzione e merita di essere colto. Stiamo attenti a puntare su ciò che fanno gli altri per farlo noi, cerchiamo piuttosto di realizzare il nostro essere infermieri.
Non è indifferente, per il ruolo importante che ha la FNOPI nel sistema salute, capire verso quale sviluppo dell’infermieristica e dell’infermiere ci indirizzeranno. Indossare l’elmetto come all’epoca del 566, spererei di no.
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=64764
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