
Il ddl sta per approdare in Aula al Senato ma senza aver sciolto il nodo dell’esclusiva competenza medica su diagnosi, prognosi e terapia che va di traverso agli altri professionisti della salute. Mandelli (Fofi) a Nursind Sanità: “Serve una correzione. Quel passaggio si presta a contenziosi”
Il ddl sulle prestazioni sanitarie non è ancora approdato in Aula al Senato – il testo licenziato dalla commissione Lavoro e Sanità attende ora di incassare il parere della Bilancio sui profili finanziari degli emendamenti – e già sull’articolato si addensano nubi nere. Galeotto quell’inciso dell’articolo uno sulle “Disposizioni in materia di prescrizione ed erogazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale”, infatti, che va di traverso agli infermieri e a tanti altri professionisti, dai fisioterapisti agli psicologi. Ma, soprattutto, che rischia di mandare a ramengo la sanità italiana. Almeno per come l’abbiamo conosciuta fino a ora.
Per la gioia dei medici che da sempre chiedono una definizione per legge dell’atto medico, nell’inciso in questione si spiega che proprio a loro spetta “in maniera esclusiva la diagnosi, la prognosi e la terapia”. Un sigillo che è in pratica la morte del Ssn, visto che persino un banale sciroppo per la tosse rientra in una terapia e, come tale, diventa appannaggio dei camici bianchi.
Tra i primi a sollevare il caso sono stati gli infermieri del Nursind che, auditi in Commissione, hanno chiesto una correzione di rotta. A detta del sindacato, sarebbe bastato, se non lo stralcio dell’inciso, almeno sopprimere la parola ‘esclusiva’ per correre ai ripari “e impedire così una paralisi di fatto della nostra sanità”, ha sottolineato il segretario nazionale Andrea Bottega.
Niente da fare, però. Il testo non è stato emendato. C’è da dire che gli infermieri sono in buona compagnia. Basta ripercorrere le audizioni e le relative memorie depositate in Senato per rendersi conto di quanto, medici a parte, la questione sia sentita, oltre che grave per le ricadute sul sistema. Un esempio su tutti? La Federazione degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e della prevenzione (FNO TSRM e PSTRP) che nella sua memoria sopprime completamente l’inciso della discordia. La Federazione nazionale degli ordini fisioterapisti, dal canto suo, mette nero su bianco la necessità, “nell’ottica di una sanità moderna e integrata” di “evidenziare che esistono diagnosi professionali non mediche, come la diagnosi fisioterapica, che sono distinte, ma anche complementari, rispetto a quella medica”. Per poi chiarire ulteriormente: “Non si chiede, ovviamente, di sovrapporre tali competenze e tali diagnosi alla diagnosi medica: la diagnosi medica e la terapia medica devono rimanere competenze esclusive del medico, ma è altresì indispensabile, per l’efficacia del sistema, che altre professioni sanitarie, come quella del fisioterapista, possano contribuire in modo attivo alla prescrizione di prestazioni correlate alle loro specificità”.
L’articolo 1 del provvedimento finisce pure nel mirino degli psicologi, benché la Cnop (Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi) in Senato abbia chiesto solo di integrare il testo su diagnosi prognosi e terapia mediche, contemplando un riferimento alla legge sull’ordinamento della professione di psicologo.
Tuttavia, ad essere fortemente penalizzati dalla norma, al momento, sono anche i farmacisti. Basti pensare alla somministrazione dei vaccini o ai test Covid per farsi un’idea dello stravolgimento che potrebbe comportare l’approvazione senza modifiche della legge. C’è da dire, però, che il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, che di professione fa proprio il farmacista, non ha battuto ciglio durante l’iter in Commissione. Il 4 marzo scorso, infatti, sollecitato dalla senatrice M5s Barbara Guidolin, si è limitato a osservare il carattere riservato alla professione medica dell’attività di diagnosi, prescrizione e terapia. Interpellato da Nursind Sanità, invece, il presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi), Andrea Mandelli, sostiene che “la via maestra” sia “quella del Dm77 e, quindi, la collaborazione tra professionisti che mettono al centro la salute dei cittadini”. Secondo Mandelli, dunque, quell’inciso per come è stato scritto “si presta a dubbi interpretativi e a futuri contenziosi”. Morale? “Dobbiamo ragionare di una sanità di prossimità che si giovi di tutti i professionisti e – evidenzia il presidente Fofi – dobbiamo farlo tutti insieme. C’è bisogno di armonia tra le professioni”. Non senza concludere: “È chiaro insomma che occorre una correzione, anche alla luce della grande carenza di medici che abbiamo”.
A questo punto non resta che attendere gli sviluppi in Aula. Una cosa è certa: se non ce ne saranno, come ha osservato il Nursind in audizione, il sovraffollamento dei pronto soccorso raggiungerebbe dei livelli insostenibili. E “in aggiunta, dovrebbero essere eliminati i modelli fast track, see and treat e tutto il triage intraospedaliero, poiché in questo caso le attività svolte dagli infermieri – che implicano una valutazione clinica – realizzerebbero il reato di esercizio abusivo della professione medica”.
Clicca sull'immagine per aprire il file in formato PDF