L’Agenzia in audizione al Senato: appena l’8,5% delle Case della comunità è attivo. Percentuali ancora minori per Ospedali e Cot. E rimane il nodo della carenza di personale a regime, a partire dagli infermieri
Ora ci si mette anche Agenas. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali fa da sponda alla Corte dei conti, che ha più volte evidenziato i ritardi nell’attuazione del Pnrr, e passa al setaccio lo stato di realizzazione dei principali presidi della riforma dell’assistenza territoriale contenuta nel Recovery plan. Il regolamento del Dm 77 prescrive che proprio Agenas, per conto del ministero della Salute, compia un monitoraggio semestrale degli standard previsti. E le notizie emerse dall’ultima audizione in commissione Industria del Senato sono tutt’altro che rassicuranti.
Se prendiamo le tanto discusse Case della comunità, al 31 dicembre scorso ne erano state attivate appena 122, l’8,5% delle 1308 finanziate con i Por, mentre il totale con quelle extra-Por raggiunge quota 1525. Sul fronte degli Ospedali di comunità, la quota è ancora minore: il 7,1%, ossia 31 avviati su 403 preventivati che con quelli finanziati fuori dal Por arrivano a 524. Allarme poi anche per le Centrali operative territoriali che sono attive solo in 14 casi, il 2,3% delle 596 previste (650 il totale con le strutture extra-Por).
Va detto che lo strumento operativo individuato per la realizzazione degli interventi a regia regionale è il Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) tra le amministrazioni centrali e le Regioni. Quest’ultimo ha poi in allegato il Piano operativo regionale, il Por appunto, che reca il dettaglio degli interventi previsti, con piani d’azione, tempi e costi dell’attuazione, in modo da rispettare il cronoprogramma di milestone e target del Pnrr.
Agenas dunque riecheggia la Corte dei conti nella preoccupazione sulla realizzazione della riforma della sanità territoriale. Peraltro, mentre Case e Ospedali hanno una scadenza ancora lontana (dovranno infatti essere tutti pronti e attivi a metà 2026), le Centrali operative andrebbero avviate entro giugno 2024, praticamente domani. Ritardi di programmazione, progettazione e messa a gara continuano insomma a pesare.
Inoltre, resta all’orizzonte il nodo delle risorse per il mantenimento a regime di queste strutture, a partire dai fondi per il personale. Basti considerare che, sul fronte degli infermieri, soltanto per soddisfare le esigenze del Piano di ripresa e resilienza servirebbero almeno 30mila unità in più, di cui 20mila per l’istituzione del nuovo Infermiere di famiglia e comunità e altri 10mila per le Case della comunità. Il rischio, quindi, non è solo quello di arrivare tardi, ma di avere poi delle scatole vuote che non possono offrire i servizi promessi.