Il Barometro della PA mostra una fiducia crescente da parte dei cittadini nei confronti della Pubblica amministrazione, specialmente in alcuni settori. Nell’ultima indagine 7 italiani su 10 sarebbero attratti da un posto di lavoro nel settore pubblico.
Il barometro della PA
Ricordiamo che il Barometro della PA è un’indagine bimestrale promossa da FPA, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, finalizzata a rilevare periodicamente la percezione che i cittadini italiani hanno dei processi di innovazione in atto nella pubblica amministrazione.
Stiamo parlando di una indagine che coinvolge un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana, interpellato con cadenza indicativamente bimestrale per rilevare opinioni in merito alla PA, in termini di soddisfazione degli enti pubblici e dei servizi da questi erogati.
La Sanità più apprezzata. Indietro l’istruzione
In base a quanto emerso dall’ultima indagine presentata pochi giorni fa, a ricevere il massimo gradimento è il Servizio sanitario, che ottiene il 31%. A seguire la sicurezza col 21% ed i Servizi sociali e l’assistenza, al terzo posto col 19%. L’istruzione si colloca a metà classifica, con il 14% di gradimento, fra i trasporti pubblici e il sistema giudiziario.
Lavorare nella PA: per 7 italiani su 10 sarebbe una buona idea
Dal report, come anticipato in precedenza, per 7 cittadini su 10 la carriera nella Pubblica Amministrazione risulta ‘attrattiva’, per sé o per un proprio familiare.
L’indagine elenca anche i motivi per cui sarebbe attrattivo un impiego nella PA: nel 28% dei casi il lavoro pubblico attrae perché ritenuto un’esperienza professionale importante, si legge su Sky Tg24.
Invece, per il 44% degli intervistati, un lavoro pubblico lo preferirebbe perché garantirebbe un impiego stabile. Ma c’è anche chi, per il 31%, la Pa oggi è “molto più digitale e innovativa” rispetto a un anno fa.
E per lavorare a scuola, la stessa attrattiva?
Chissà se quando si parla di lavoro attrattivo nella PA si consideri anche la scuola. Posto che la passione per l’insegnamento sta ovviamente alla base di ogni scelta, non possiamo fare a meno di osservare che lavorare a scuola come insegnante, di questi tempi, non sia propriamente il massimo, dal punto di vista economico.
Ce lo ricorda il rapporto “Education at a Glance”, pubblicato il 10 settembre dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che mette a confronto le statistiche più aggiornate sui sistemi scolastici dei Paesi membri dell’OCSE, inclusi i dati sugli stipendi degli insegnanti.
Come già riferito più volte anche da altre fonti, gli insegnanti italiani sono pagati meno rispetto agli altri grandi Paesi dell’Unione Europea, alla media dei Paesi OCSE e alla media dei 25 Paesi UE monitorati dall’organizzazione.
E se guardiamo al futuro, la situazione non è propriamente rosea. Nei giorni scorsi abbiamo parlato della stima secondo la quale fra 10 anni docenti (e personale ATA) perderanno il 24% del potere d’acquisto.
D’altro canto dobbiamo ricordare che nella Legge di Bilancio 2025 sono stati stanziati fondi per gli aumenti stipendiali. Complessivamente gli aumenti previsti saranno:
- 1,8% per ciascuno degli anni 2025-2027;
- 1,9% nel 2028;
- 2% nel biennio 2029-2030.
Per approfondire vi invitiamo a leggere il seguente articolo
Rischio burnout per i docenti
C’è anche il fattore stress con il conseguente rischio burnout per gli insegnanti. A confermare l’importanza del fenomeno, una ricerca condotta dall’Health & Sustainability Lab dell’Università di Milano-Bicocca, che mostra come quasi un insegnante su due soffre di stress lavorativo. Ma non solo: il 35% dei docenti dichiara di stare seriamente valutando l’idea di lasciare il lavoro.
Questo stress cronico, evidenzia la ricerca, non solo danneggia la salute psicofisica degli insegnanti, ma ha anche un impatto diretto sulla qualità dell’istruzione.