Pensioni, riforma a colpi di ‘emendamenti’: quota 41, 13esime, opzione donna
14 novembre 2016 ore 14:28, Luca Lippi
Gli emendamenti della commissione lavoro in materia di pensioni, valorizzerebbero l’impianto verso le tutele sociali e di conseguenza arricchiscono di novità la Riforma delle pensioni che ad oggi 14 novembre, apre l’orizzonte verso novità piuttosto interessanti.
Secondo Cesare Damiano (Commissione lavoro): “La Commissione Lavoro della Camera, nei giorni scorsi, ha approvato 30 emendamenti alla Legge di Bilancio. Tra le questioni più significative vogliamo segnalare: la richiesta di spostamento, dal 31 dicembre del 2012 al 31 dicembre del 2014, della data relativa alla possibilità di accesso alla mobilità per i lavoratori della ottava salvaguardia; la diminuzione da 36 a 35 degli anni di contributi necessari per accedere all’Ape sociale per i lavoratori che svolgono lavori gravosi”.
Vediamo, dunque gli emendamenti di cui parla Cesare Damiano.
Si parte dalle pensioni anticipate e l’Opzione Donna. Cesare Damiano afferma: “Abbiamo richiesto di inserire Opzione Donna nella Legge di Bilancio con lo spostamento temporaneo della sperimentazione al 31 luglio del 2016 e con il suo proseguimento in funzione del risultato del monitoraggio relativo all’utilizzo dei 2,5 miliardi di euro stanziati nella precedente legge di stabilità”.
Poi Damiano prosegue nelle dichiarazione di lavori in corso utili a migliorare la Norma: “Abbiamo proposto l’eliminazione della tassa sui licenziamenti in caso di applicazione della clausola sociale nei cambi di appalto e nell’edilizia; il mantenimento anche nel 2017 dell’attuale durata delle prestazioni della Naspi per i lavoratori stagionali del turismo e termali. Si tratta di miglioramenti che consolidano la legge di Bilancio e ne valorizzano l’impianto positivamente orientato alla crescita e alle tutele sociali. Va rilevato che, nel caso dell’ottava salvaguardia e di Opzione Donna, si tratta di utilizzare correttamente le risorse già stanziate da leggi precedenti”.
Ape volontaria e flessibilità
l’Ape volontaria sarà erogata per 12 mesi l’anno e non su 13 come avviene per la pensione. Lo confermano fonti di Governo spiegando anche che nel Dpcm che sarà pubblicato a gennaio dopo l’approvazione della legge di Bilancio sarà messo un tetto per quanto riguarda la richiesta di Ape del 95% della pensione certificata mensile nel caso di richiesta di anticipo di un anno, del 90% in caso di anticipo di due anni e dell’85% in caso di anticipo di tre anni (fonte Sole24Ore).
A fronte di una pensione certificata mensile netta di 1.286 euro (16.718 annui dato che le rate di pensione sono 13) si potrà ricevere per un anticipo di tre anni fino a 1.093 euro al mese (l’85% della rata mensile) ma questi saranno erogati per 12 mesi e quindi il prestito annuo sarà di 13.116 euro (quindi il 78,45% della pensione annua certificata dall’Inps).
Su questo prestito si pagherà il 4,7% sulla rata di pensione per ogni anno di anticipo.
In concreto, dalle tabelle pubblicate dall’ufficio studi del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, a fronte di un prestito netto nel triennio di 13.116 euro si restituiscono in 20 anni, con rate di 208 euro per 13 mesi l’anno, 54.080 euro.
Nel dettaglio
il Governo sottolinea che le mensilità sono 12 “perchè si tratta di un prestito e non di una pensione”.
La decisione di mettere un limite alla richiesta di prestito e di non prevedere la tredicesima è stata dovuta alla necessità di non far lievitare a dismisura la rata da pagare una volta in pensione.
Nel caso che abbiamo considerato la persona che ha preso il prestito per tre anni va in pensione con 1.078 euro netti al mese (invece di 1.286 dato che la rata è di 208 euro) per 13 mesi e quindi con 14.014 euro annui. La rata sconta l’alto premio assicurativo (il 29% del capitale) dovuto all’alto rischio di premorienza. Il prestito che può essere chiesto una volta compiuti i 63 anni, infatti, non ha garanzie reali e non si ripercuote sulla eventuale pensione di reversibilità ma va restituito tra i 66 anni e sette mesi, quando scatta la pensione di vecchiaia e gli 87 anni e sette mesi, un’età superiore all’aspettativa di vita media.
Ancora in alto mare, invece, una correzione in seno ai precoci e i quota 41, nelle ore scorse si sono svolte diverse manifastazioni per sensibilizzare il governo sulla situazione di forte disagio di queste categorie di lavoratori che ancora si sentono poco tutelati dall’esecutivo ed escluse dalla riforma.