Spunta l’idea, per i dipendenti pubblici, di eliminare l’obbligo del pensionamento raggiunti i 65 anni di età con 42 anni di contributi o i 67 anni. L’operazione garantirebbe risparmi in vista della prossima Legge di Bilancio
Potrebbero esserci anche degli incentivi per favorire la scelta dei dipendenti pubblici di rimanere al lavoro una volta raggiunta l’età della pensione. La vecchia idea di eliminare l’obbligo del pensionamento raggiunti i 65 anni di età con 42 anni di contributi o i 67 anni per gli altri, per gli statali ha ripreso a circolare nelle ultime settimane ed appare sempre più concreta.
L’obiettivo
L’obiettivo, come scrive oggi Il Messaggero, è quello di evitare le uscite dei dipendenti più esperti della pubblica amministrazione, che ha da poco ripreso il reclutamento di nuovo personale, e non lasciar sguarniti ruoli importanti.
L’interesse di Giorgetti
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, condivide pienamente l’obiettivo (i sindacati, invece, sono contrari), e con questa operazione potrebbe anche garantirsi qualche risparmio in vista della prossima Legge di Bilancio.
Opzione volontaria
La permanenza al lavoro sarebbe una scelta volontaria per i dipendenti pubblici, dunque non è prevista alcuna modifica dei requisiti previdenziali. Non si esclude che, per convincere più colletti bianchi possibile a fare questa scelta, possano essere messi in campo degli incentivi, come si è fatto per spingere i medici a restare al lavoro fino a 72 anni. L’abolizione dell’obbligo di pensione previsto dalle leggi del 2013-2014, potrebbe riguardare anche le forze dell’ordine, dove c’è una carenza di personale.
Nessun costo per lo Stato
L’operazione (salvo eventuali incentivi) non ha costi, anzi comporterebbe qualche vantaggio immediato per le casse dello Stato. Se non altro perché rinvierebbe il pagamento del trattamento di fine rapporto.