L’epidemiologo Pierluigi Lopalco a Nursind Sanità: “Siamo in una nuova fase della pandemia. I vaccini di oggi funzionano, ma ragioniamo su preparati polivalenti. Farei test solo a chi ha sintomi“
di Ulisse Spinnato Vega
Il Covid è probabilmente a una svolta con il dilagare di Omicron. I dati ufficiali davano la variante sudafricana al 28% prima di Natale, ma da allora molto è cambiato. “Non abbiamo ancora l’ultima rilevazione, ma le anticipo che sicuramente è ormai maggioritaria in tutta Italia. In Puglia, per esempio, siamo oltre il 90%”. Pierluigi Lopalco, epidemiologo e docente di Igiene all’Università del Salento, racconta a Nursind Sanità come sta mutando la pandemia e come andrebbero ricalibrate le risposte, sia sul terreno del testing che su quello della vaccinazione: “Ragioniamoci su prima di dire che è necessario fare una dose ad hoc contro Omicron”.
Professore, nell’ottica dell’immunizzazione di massa dobbiamo effettivamente salutare con ottimismo la diffusione massiccia di Omicron che sta soppiantando Delta?
In effetti, Omicron potrebbe definire una nuova fase della pandemia. Ma attenzione a una distinzione importante che deve servirci a non abbassare la guardia.
Quale?
Si dice che il virus si stia “raffreddorizzando” e poi si dice anche che la Omicron si comporta come l’influenza. Ma sono due cose ben distinte: il raffreddore è benigno, l’influenza no. Ricordiamo che comunque quest’ultima comporta molte ospedalizzazioni e decessi pari a 6-8mila l’anno.
Tuttavia, il calo dei casi gravi rispetto al totale dei contagi fa pensare a una evoluzione del genere.
Sì, Omicron si comporta con parametri simili all’influenza. Ma, si badi bene, questo accade soltanto tra i vaccinati. Rimane gravissima per i non vaccinati.
Ha senso fare la terza dose attuale se ne frattempo si sta lavorando all’aggiornamento dei vaccini per Omicron? L’Oms pare aver stroncato i booster attuali.
I vaccini di oggi il loro lavoro lo stanno facendo. Da vaccinati è difficile andare in ospedale e ancor di più in rianimazione: si tratta di appena un terzo o un quarto dei letti in terapia intensiva per chi ha fatto due dosi, mentre con tre dosi i casi sono rarissimi.
Quindi le uscite dell’Organizzazione mondiale della sanità vanno lette in una chiave diversa?
Attenzione alle comunicazioni dell’Oms che non si riferiscono a un contesto europeo o italiano, ma globale. E sappiamo che tantissimi Paesi non hanno fatto nemmeno il primo ciclo completo, figuriamoci se pensano alla terza inoculazione o al richiamo specifico per Omicron. Anche perché nelle nazioni in cui il virus circola velocemente, il picco dura poco, e speriamo ciò accada pure da noi, mentre poi subentra una nuova variante.
L’Ema comunque sostiene che non si possono vaccinare tutti ogni quattro mesi.
Ema sta ragionando con le aziende: ha senso vaccinare per Omicron in primavera quando ormai l’ondata sarà passata? Allora meglio impegnarsi per mettere a punto dei vaccini polivalenti. Comunque la situazione è in evoluzione.
Intanto, però, sarà pronto a breve l’aggiornamento Pfizer proprio su Omicron. Che facciamo? Andiamo tutti sulla quarta dose?
Appunto, bisogna ragionare se l’aggiornamento porti realmente un beneficio generale nel momento in cui dovessero arrivare nuove varianti, magari completamente diverse.
Quanto pesa sulla nostra capacità di risposta al virus la scarsa organizzazione italiana sul sequenziamento?
Si tratta di un’attività che poteva essere importante qualche settimana fa, ma con Omicron al 90% e Delta quasi scomparsa il sequenziamento serve meno. Ne abbiamo bisogno nella fase di interregno, di convivenza delle varianti e ovviamente serve per identificarne di nuove.
Omicron sfugge ampiamente ai tamponi rapidi. Eppure abbiamo visto l’assalto al testing da parte di chiunque, anche dei tri-vaccinati. Come ricalibrerebbe il sistema?
Io farei test solo a chi ha sintomi. L’assalto al tampone ha creato troppi disagi, a partire dai falsi negativi che poi hanno fatto feste e banchetti e hanno diffuso il virus ancora di più. Inoltre c’è il sovraccarico del sistema dei tamponi con i positivi asintomatici e vaccinati, che diffondono poco il virus. Insomma, si crea confusione per un beneficio limitato.
Si dibatte pure sulla possibilità di rivedere la comunicazione circa i dati e, alla luce del comportamento del virus, di puntare tutto sulle ospedalizzazioni. Che ne pensa?
Sono d’accordo. L’attività di sorveglianza ovviamente deve continuare, i tamponi vanno registrati e il loro archivio va analizzato, ma questa comunicazione crea solo ansia e in alcuni casi i dati sui contagi possono scoraggiare i cittadini a intraprendere o proseguire la vaccinazione. Meglio spiegare bene cosa accade una volta a settimana.
Lei ha avuto responsabilità amministrative a livello regionale. Proprio le Regioni propongono l’abolizione del test a fine quarantena per gli asintomatici e chiedono di togliere questi ultimi dalle statistiche dei contagi.
In effetti, è complicato fare e registrare un ulteriore tampone per una persona vaccinata, anche solo con due dosi, e asintomatica. Vediamo gente chiusa a casa per un certificato di fine quarantena che non arriva, persone che non hanno e non creano agli altri problemi di salute.
I governatori chiedono pure di non includere nel conteggio delle ospedalizzazioni i positivi Covid asintomatici che arrivano in reparto per altre malattie e poi scoprono di avere il virus.
Nei reparti non intensivi probabilmente circa la metà dei pazienti cosiddetti Covid è in realtà composta da portatori di virus ricoverati per altri motivi. Nei vaccinati con Omicron questa è la norma. Dunque, sì, le regole si possono rivedere.
Abbiamo ormai capito che il green pass non è garanzia di immunità. E non rispecchia nemmeno in tempo reale la condizione di salute, infatti non viene revocato subito se ci si scopre positivi. Ha senso continuare a puntare su questo strumento, in versione normale o “super” a seconda delle attività, con una geometria variabile che confonde i cittadini? Non sarebbe meglio, ad esempio, imporre mascherine Ffp2 a più largo raggio?
Guardi, sinceramente un positivo con una mascherina chirurgica indossata bene non ha bisogno della Ffp2. Non credo che si risolva molto. Il valore principale del green pass, invece, è quello di incentivare la vaccinazione e non tanto di dare una garanzia di immunità.
Non le chiedo quando, ma quali potrebbero essere i parametri di contagio-ospedalizzazioni-decessi per i quali potremo dire che il Covid si è endemizzato? Al netto di possibili nuove e gravi varianti, naturalmente.
Quando un’ondata come questa sarà assorbita senza grosso stress dal servizio sanitario, potremo dire che la malattia si è endemizzata. La pandemia genera ancor oggi un impatto che rischia di bloccare gli ospedali: se invece si riuscirà a curare chi deve essere curato, vedremo che magari il virus continuerà a circolare con qualche picco stagionale, ma ci convivremo in una condizione di sufficiente normalità.
Come ci si arriva?
Dobbiamo aumentare la vaccinazione: se oggi tutti fossimo immunizzati, avremmo la metà dei ricoveri nei reparti medici e un terzo o un quarto di ricoveri in intensiva. E la situazione sarebbe già normale.
FONTE: NURSIND SANITA’ (LINK: https://www.nursindsanita.it/2022/01/13/omicron-ormai-maggioritaria-in-italia-ma-non-e-scontato-serva-una-dose-ad-hoc/)
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