Le risorse economiche restano scarse e curarsi rischia di diventare un privilegio, aumentando le disuguaglianze. Ed è necessario e urgente un intervento politico ed economico sui problemi strutturali e sugli sprechi nella sanità. Lo ha premesso Franca Braga, responsabile dell’organizzazione Altroconsumo, nell’introduzione all’incontro ‘Nuovi Lea, vecchi problemi’, nei giorni scorsi al Festival dell’Economia di Trento. Braga ha riportato alcuni dei dati emersi da diversi studi condotti da Gimbe, Transparency International Italia e Censis, secondo cui nel 2019 si prevede che il rapporto tra spesa sanitaria e Pil in Italia si attesterà al 6,4% laddove per l’Oms sotto il 6,5% (soglia d’allarme) si riduce l’aspettativa di vita. E’ del 5,59% il tasso medio stimato di corruzione e frode in sanità in Italia, mentre sono 11 milioni gli italiani che hanno dovuto rinunciare a curarsi per motivi economici nel 2016.
L’aggiornamento dei Lea, atteso da più da 10 anni e per cui sono stati stanziati 800 milioni di euro nel 2017, a cui si aggiungono 60 milioni per il pagamento dei ticket da parte dei cittadini, non possono soddisfare l’alto e complesso numero di prestazioni elencate sulla carta, ha ammonito Braga. Non sempre si è verificata la necessità di concedere molte delle prestazioni riconosciute dai Lea, tra cui epidurale o le cure avanzate per l’autismo, anche perché le risorse non ci sono, come è stato detto nell’incontro. Ci sono liste d’attesa di prestazioni che non hanno un corrispondente plafond di contributi pubblici. “Sono questioni di forte disuguaglianza che vanno affrontate”, ha detto Braga.
Dal canto suo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, anticipando alcuni dati del rapporto che sarà presentato domani, ha evidenziato che dal 2001 al 2016 il finanziamento pubblico ha ridotto le risorse per la sanità. “Anche se nell’ultima manovra sono 2 i miliardi che il Governo ha stanziato per il sistema sanitario – ha affermato – questi tuttavia coprono capitoli di spesa dove le Regioni non possono intervenire. In Italia siamo secondi per spesa che i cittadini affrontano di tasca propria. I nuovi Lea non sono sostenibili perché non c’è un metodo rigoroso di valutazione dei criteri di selezione della tipologia di prestazioni, a fronte poi di una sanità dove ogni cittadino spende di tasca propria 500 euro in media l’anno”.
Insomma, il Ssn è in difficoltà. “A tale situazione si aggiunge anche la corruzione, che sottrae risorse al servizio pubblico”. Così Paolo Bertaccini Bonoli di Transparency International Italia ha introdotto i risultati di uno studio, ‘Curiamo la corruzione’, in cui si indica che in Italia nel 2016 un quarto delle aziende sanitarie ha registrato episodi di corruzione, mentre il 51,7% non ha piani di anticorruzione adeguati, e infine il 6% delle spese correnti annue del sistema sanitario nazionale è riconducibile a corruzione e sprechi.
La mediatrice culturale di Emergency, Maria Teresa Laurina, ha sottolineato come dall’osservatorio di Emergency si notano ampie fasce di popolazione che non accedono alle strutture del servizio sanitario pubblico per motivi economici e linguistici, come nel caso degli immigrati. Non solo. “Dal 2006 – ha riferito – i progetti di Emergency sono lievitati e riguardano il sostegno in alcuni campi di cura e di prestazioni dove sono forti le disuguaglianze. A partire dall’odontoiatria, inaccessibile a molti italiani, seguita dal pagamento dei ticket che i disoccupati non possono permettersi soprattutto per le visite specialistiche. Per i richiedenti asilo è prevista poi l’esenzione dai ticket solo nei primi 2 mesi di permanenza in Italia, perché dopo sarebbe previsto l’ingresso nel mondo del lavoro”. Ma la realtà è differente. “Il nostro impegno – ha concluso – è quello di cercare una collaborazione costante con le aziende sanitarie e con i ministeri competenti”.
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