Un medico dovrà rinunciare a 1.961 euro l’anno se vuole uscire dal lavoro a 62 anni con 42 anni e dieci mesi di contributi. Per una funzionaria di cancelleria il taglio è più ampio: si parla di 3.256 euro in meno. Mentre un’infermiera ne perderebbe 946 e un dipendente comunale 508. È l’effetto del taglio delle pensioni future per le categorie che hanno iniziato a lavorare prima del 1996. Ovvero quanto dispone l’articolo 34 della Legge di Bilancio nella versione attualmente in circolazione. Il cosiddetto “Adeguamento aliquote rendimento gestioni previdenziali” che riguarda la Cassa per le pensioni dei dipendenti comunali (Cpdel), la Cassa per le pensioni dei sanitari (Cps), quella per gli insegnanti di asilo e delle elementari (Cpi) e quella degli ufficiali giudiziari (Cpug).
La sforbiciata
Repubblica oggi fa i conti in tasca al provvedimento del governo. E spiega che i primi a sperimentare il nuovo taglio delle pensioni l’anno prossimo saranno 31.500 dipendenti pubblici. Ovvero 27.100 lavoratori degli enti locali, camere di commercio, infermieri. E poi 3.800 medici, 400 insegnanti delle scuole primarie e dell’infanzia, 200 ufficiali giudiziari. In totale perderanno quasi 18 milioni lordi, ovvero 562 in media a testa. Mentre secondo la relazione tecnica allegata alla manovra del governo Meloni in totale nel 2043 saranno 732 mila a rinunciare a 3,5 miliardi lordi della loro pensione. Ma si tratta della cosiddetta media del pollo. Nel dettaglio, secondo uno studio della Cgil, la perdita in alcuni casi sarebbe rilevante:
- un’infermiera in uscita dal lavoro a 67 anni con la pensione di vecchiaia e 30 mila euro di retribuzione lorda annua che ha lavorato 6 anni e mezzo prima del 1994 avrebbe un taglio della pensione pari a 946 euro l’anno, ovvero 72 al mese. Fino agli 85 anni vedrebbe decurtato il suo emolumento di 17.500 euro;
- un dipendente comunale che esce dal lavoro a 63 anni con Quota 103 e 35 mila euro di retribuzione e 7 anni di lavoro prima del 1994 ne perderebbe 508, ovvero 39 al mese e 9.346 fino a 85 anni;
- per una funzionaria di cancelleria che lascia il lavoro a 67 anni (28 mila euro di retribuzione lorda) e ha 4 anni di lavoro prima del 1994 il taglio ammonterebbe a 3.256 euro all’anno, ovvero 271 al mese: 60 mila euro in meno a 85 anni;
- infine, un medico che va in pensione a 62 anni e ha 60 mila euro di stipendio con 11 anni e mezzo di lavoro prima del 1994 ne perderebbe 1.961, ovvero 151 al mese. In totale sarebbero 38.039 euro.
L’articolo 34 della Legge di Bilancio
L’articolo 34 della Legge di Bilancio nel primo dei tre commi dice che «a decorrere dal 1° gennaio 2024 le quote di pensione a favore degli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), liquidate secondo il sistema retributivo per anzianità inferiori a 15 anni, sono calcolate con l’applicazione dell’aliquota prevista nella tabella di cui all’Allegato II alla presente legge». Medesimo principio per gli «iscritti alla cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori (CPUG)». Mentre «l’applicazione dei commi da 1 a 4 non può comportare un trattamento pensionistico maggiore rispetto a quello determinato secondo la normativa precedente».
La differenza tra pubblici e privati
Il quotidiano spiega anche la differenza di trattamento tra lavoratori pubblici e privati. Ogni anno lavorato dai privati vale il 2% di retribuzione “pensionabile” entro un tetto di 40 anni di contributi. E quindi l’emolumento retributivo può arrivare al massimo all’80% dello stipendio. Trent’anni da retributivo significano andare in pensione con il 60% dello stipendio. Per gli statali la percentuale è al 2,5%. Ma per le quattro categorie aver lavorato un anno o anche pochi mesi tra 1981 e 1995 ha un rendimento del 24%. Mentre due anni pesano per il 12% ciascuno. Maggiore è l’anzianità, minore è l’aliquota. Fino a stabilizzarsi a 2,5% con 15 anni di anzianità. Per la Cgil la modifica ha dei profili di incostituzionalità.
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