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GLI ESPERTI RISPONDONO

La farmacia dei servizi entra nel vivo. Più opportunità o rischi?

Nursind Sanità ne parla con i diretti interessati. Federfarma assicura: la nuova Convenzione “garantisce la continuità terapeutica”. Ma le sigle dei laboratori analisi non ci stanno: “Non possono sostituirsi a noi. Ne va delle garanzie ai cittadini”

La farmacia dei servizi, o meglio, la sua evoluzione, entra nel vivo, ma intanto non si fermano le polemiche dal fronte dei laboratori analisi. Dopo un periodo di sperimentazione, prima in nove, poi in tutte le Regioni italiane, e in seguito alla stesura delle Linee guida nazionali e all’approvazione del disegno di legge sulle semplificazioni, si è aggiunto ora l’ultimo tassello rappresentato dall’intesa in Conferenza Stato-Regioni, lo scorso 6 marzo, sull’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti sulle farmacie pubbliche e private.
Tra le innovazioni più rilevanti previste dall’Accordo, noto anche come “Convenzione Farmaceutica” e che riguarda circa 19 mila farmacie private e 1.700 pubbliche, vi è l’estensione dei servizi disponibili che andranno dalla prenotazione di visite alla somministrazione di vaccini, dall’esecuzione di test diagnostici alle prestazioni professionali, oltre al supporto nei servizi di telemedicina.


CONTINUITA’
L’Accordo collettivo nazionale “dà – spiega il presidente di Federfarma, Marco Cossolo – piena attuazione alla farmacia dei servizi, con regole chiare ed uniformi, rafforzando l’assistenza sanitaria di prossimità, ponendo particolare attenzione ai bisogni di salute degli anziani, dei malati cronici e delle persone fragili. Regola inoltre le modalità di dispensazione dei farmaci in regime di Servizio sanitario nazionale (Ssn)”. Per i cittadini, secondo Federfarma, la Convenzione ha “un ruolo cruciale – continua il presidente – perché assicura un accesso facile ed equo ai farmaci prescritti dal Ssn su tutto il territorio nazionale, comprese le aree rurali o periferiche; garantisce la continuità terapeutica, grazie al supporto professionale del farmacista che verifica aderenza e corretto utilizzo delle terapie; offre assistenza di prossimità prevedendo e disciplinando l’erogazione di servizi in telemedicina, di test con prelievo di sangue capillare, la somministrazione di vaccini, le attività di prenotazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e le attività di partecipazione e collaborazione ai programmi di medicina preventiva, di informazione ed educazione sanitaria”.

I TEST DELL’OFFERTA
Le ulteriori prestazioni, secondo il vertice di Federfarma, vanno a integrare e non sovrapporre quanto previsto per i laboratori di analisi. “È noto – ricorda Cossolo – come la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato abbiano cristallizzato il ruolo della farmacia come ‘punto di raccordo tra ospedale e territorio e front-office del Servizio sanitario nazionale’ sostenendo che ‘le farmacie offrono nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria finalizzati a garantire che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualità dei servizi sul territorio a tutela della salute dei cittadini’. Il tutto – prosegue – nell’ottica di soddisfare le necessità di salute soprattutto di quei cittadini che abitano nelle aree interne del Paese (il 50% dell’intero territorio italiano), lontane dalle strutture sanitarie e ospedaliere, e che trovano nella farmacia sotto casa il primo presidio sanitario sul territorio. In particolare, gli esami Point of care testing (Poct) in farmacia non sono un’alternativa ai laboratori, ma uno strumento complementare, utile esclusivamente per lo screening e il monitoraggio di specifiche condizioni cliniche, senza alcuna pretesa di vicariare le attività dei laboratori”.

COMPITI NUOVI
Al farmacista non viene riservata né assegnata dalla Convenzione alcuna attività di diagnosi. “La Convenzione – ribadisce Cossolo – ha, invece, lo scopo di regolamentare puntualmente le attività del farmacista stabilite dalle disposizioni normative e dagli orientamenti ministeriali che regolano la materia. In particolare, il primo atto normativo che regola l’esecuzione delle analisi in farmacia è costituito dal decreto del ministero della Salute del 16 dicembre 2010, in base al quale il farmacista deve possedere le conoscenze necessarie per l’esecuzione dei test, per le operazioni che consentano un corretto funzionamento dei sistemi in uso, per la eventuale manutenzione strumentale delle apparecchiature”. In base allo stesso decreto, inoltre, “il farmacista risponde della corretta installazione e manutenzione dei dispositivi utilizzati, secondo le indicazioni fornite dal fabbricante, e della inesattezza dei risultati analitici”. Successivamente, le manovre 2020 e 2021, “che hanno modificato il decreto-legislativo 153/2009 nell’assegnare al farmacista prima l’esecuzione dei test mediante prelievo del sangue capillare e poi le somministrazioni di vaccini e di tutti i test che prevedono il prelievo di campione salivare, nasale e orofaringeo, hanno superato il concetto di autoanalisi, assegnando al farmacista un nuovo ruolo di dispensatore di test ad uso professionale. In tale prospettiva è quindi intervenuto il parere del ministero della Salute del 2022 che ha ribadito pienamente che il farmacista può utilizzare i test ad uso professionale, i Near patient testing (Npt) e Point of care testing (Poct), quali quelli oggi somministrati in farmacia”.

LABORATORI SUL PIEDE DI GUERRA
L’allargamento dell’offerta che il cittadino può trovare anche in farmacia però ha destato delle critiche. Fermo dissenso è stato manifestato da Pierangelo Clerici, presidente della Federazione italiana società scientifiche di medicina di laboratorio (Fismelab) e della Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), convinto che quanto è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni non tenga conto delle professionalità di coloro che operano nella medicina di laboratorio. Per il presidente, inoltre, non ci sarebbe equivalenza fra gli esami eseguiti in farmacia e quelli compiuti in un laboratorio. “Abbiamo sempre sostenuto – spiega Clerici a Nursind Sanità –che la governance del sistema debba essere in capo a un laboratorio clinico che assicuri la validità del dato. Il farmacista – sottolinea – non può sostituirsi all’attività che oggi è offerta dal laboratorio. Il percorso formativo del farmacista è diverso da quello del professionista di laboratorio sia esso un medico, un biologo o un chimico”.

I RISCHI
A pagare le conseguenze di questa innovazione, secondo Clerici, è in primo luogo il paziente. “Non vedo – commenta – come potrebbe stare tranquillo un cittadino che a questo punto non avrebbe, dietro un’indagine diagnostica, un sistema abilitato e codificato di professionisti”. Il problema è però più generale per il presidente dell’associazione: “Si tratta di capire se lo stato di diritto, che impone un iter di formazione per il professionista di laboratorio, valga o no per altri ruoli. Al farmacista riconosco il ruolo fondamentale di dare consigli sui farmaci o preparare i galenici, ma non può fare il professionista della medicina di laboratorio perché rischia di mettere in crisi il sistema. Il paziente deve essere garantito”.

L’ESPERIENZA IN LOMBARDIA
La farmacia dovrebbe collegarsi a un laboratorio clinico per l’esecuzione delle indagini, secondo il presidente Clerici, che ricorda come tale pratica sia stata avviata in Lombardia. “Lì – spiega – la Regione ha già codificato mediante una legge sui test decentrati. Ciò che diciamo per la farmacia, va esteso alle case e agli ospedali di comunità. La governance deve essere del professionista della medicina di laboratorio”.

AUMENTI DI COSTO
Secondo Clerici, il sistema delle farmacie dei servizi rischia di incrementare inoltre anche la spesa pubblica perché “oggi – spiega – il paziente va in farmacia con una ricetta e chiede di eseguire degli esami pagandoli di tasca propria, ma il passo successivo è che gli esami possano essere convenzionati con il Ssn. Questo è però una follia perché esistono già delle strutture negli ospedali o nel territorio accreditate per fare le analisi e non si capisce perché bisognerebbe pagare altre strutture che hanno un’altra mission. È una difesa non corporativa della professione ma olistica per i professionisti, i pazienti e il Ssn. In farmacia, non c’è infatti la possibilità di approfondire il test. Non c’è – conclude – la garanzia di controllo offerta dai professionisti dei laboratori attraverso le specializzazioni acquisite dopo la laurea”.

Testo dell’intesa in Conferenza Stato-Regioni

Di Elisabetta Gramolini

NURSIND SANITA’
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