Il governo molla: salve le pensioni più alte
Da gennaio stop al contributo di solidarietà dopo 3 anni: aumenti tra il 6 e il 18% per assegno
Aumenti dal 6% al 18% a seconda dell’importo della pensione.
Non si tratta di un aumento, ma della fine del contributo di solidarietà sulle pensioni introdotto nel 2015. La fine del taglio alle pensioni d’oro è una delle novità della legge di Bilancio del 2017, anche se non è merito del governo di Matteo Renzi.
La storia è questa. La legge di Stabilità del 2014 introdusse un «contributo di solidarietà», cioè un prelievo valido tre anni. Le pensioni sopra i 91.344 euro decurtate del 6 per cento. Quelle sotto i 130 mila e 358 euro del 12% quelle sopra i 195 mila euro e 538 euro del 18%.
I pensionati colpiti erano 40 mila. Sul contributo pendevano decine di ricorsi che hanno tenuto il governo di Matteo Renzi con il fiato sospeso. La prospettiva di dovere restituire i soldi ai pensionati e di dovere rivedere i bilanci degli anni futuri non piaceva all’esecutivo.
La Corte costituzionale ha respinto i ricorsi, con una sentenza che ha giustificato il taglio alle pensioni d’oro, non come un aumento delle tasse, ma come un contributo «interno al circuito previdenziale, giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema».
In sostanza, i giudici hanno graziato il governo da una restituzione dei contributi, ma hanno sottolineato come il taglio delle pensioni dovesse essere temporaneo e quindi finire a scadenza naturale. Al governo non è restato altro che fare decadere il «contributo di solidarietà».
Decisione non del tutto scontata. Nei mesi scorsi si erano rincorse le voci di una nuova edizione del contributo di solidarietà per iniziativa del governo Renzi. Magari per sostenere il finanziamento delle nuove misure sulle pensioni o per la nuova salvaguardia degli esodati, che è stata inserita nella manovra, ma che è meno generosa del previsto.
Se il governo avesse mantenuto il contributo di solidarietà avrebbe guadagnato il plauso di Tito Boeri, presidente dell’Inps che si batte per un riequilibrio del sistema pensionistico che si basi proprio su contributi di chi percepisce pensioni alte calcolate con il sistema retributivo.
Ma il rischio per il governo era quello di finire in mezzo a un’altra raffica di ricorsi. Un fastidio, più che un pericolo per i conti, visto che la scure sulle pensioni d’oro dà pochissimo al bilancio dello Stato.
Meno di 100 milioni all’anno. Si tratta di una misura dal carattere simbolico che i governi del passato (ci sono stati altri due tagli alle pensioni più alte) adottavano per accontentare chi nella maggioranza chiedeva misure di equità, o di redistribuzione del reddito. Decisioni del genere non sono nel Dna del governo Renzi. Scontentare una platea, limitatissima, di pensionati non è il massimo, soprattutto in periodo elettorale
http://www.ilgiornale.it/news/politica/governo-molla-salve-pensioni-pi-alte-1325251.html