È quanto scrive la magistratura contabile nella sua memoria sul provvedimento. “I piani dovrebbero essere già stati predisposti perché se si dovesse partire ora anche con i programmi, potrebbe non essere possibile l’utilizzo delle risorse e l’avvio delle opere se non ad estate inoltrata, con il rischio quindi di non essere pronti nel caso di un riacutizzarsi della pandemia”. IL DOCUMENTO
29 MAG – La Corte dei conti lancia un allarme sui tempi per poter predisporre gli interventi di potenziamento della rete territoriale e ospedaliera previsti dal decreto Rilancio. Per attuarli infatti le Regioni sono tenute a predisporre appositi piani di riorganizzazione da sottoporre al Ministero della Salute senza i quali non potranno attingere alle risorse e avviare gli interventi per tempo.
E il rischio, dice la Corte nella sua memoria sul decreto Rilancio, , è che anche “se si dovesse partire ora anche con i programmi, potrebbe non essere possibile l’utilizzo delle risorse e l’avvio delle opere se non ad estate inoltrata, con il rischio quindi di non essere pronti nel caso di un riacutizzarsi della pandemia”.
Nella memoria la Corte sottolinea che “in continuità con quanto già disposto nella recente decretazione d’urgenza connessa all’emergenza sanitaria, gli interventi normativi hanno assunto, naturalmente, carattere di straordinarietà e di eccezionalità che, tuttavia, non facilitano quel processo di armonizzazione delle regole in materia di lavoro pubblico, di cui continua ad avvertirsi la necessità”.
La Corte poi avverte: “Come già osservato in occasione del decreto dello scorso marzo, determinante sarà erogare rapidamente agli aventi diritto i fondi stanziati, riducendo al minimo quei passaggi amministrativi non indispensabili che possono determinare un rallentamento e, quindi, una riduzione nell’efficacia delle misure assunte”.
Per quanto riguarda la sanità la Corte evidenzia che “la gran parte delle misure che sono state adottate in materia di personale hanno riguardato principalmente il potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale attraverso l’estensione temporale delle modalità di reclutamento straordinario di personale medico ed infermieristico anche, in taluni casi, attraverso contratti di lavoro autonomo. Oltre al personale del SSN anche quello militare dell’area sanitaria è inserito in questo processo di rafforzamento emergenziale con specifiche previsioni. Altrettanto indispensabili, per far fronte al maggior carico di lavoro del personale coinvolto nell’emergenza, appaiono gli interventi normativi che alimentano, con risorse ad hoc, i fondi che remunerano la gravosità delle condizioni di lavoro oltre che i fondi per corrispondere i compensi per lavoro straordinario dei settori maggiormente esposti”.
Pur non disconoscendo la complessità generale del momento la Corte, come peraltro già segnalato in recenti relazioni al Parlamento, auspica però “la disciplina del personale che opera alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni possa formare oggetto di un più organico intervento normativo che consenta di ridurre le criticità che hanno caratterizzato il lavoro nelle pubbliche amministrazioni durante lo scorso decennio e che, data la fase emergenziale, si sono manifestate principalmente nel settore della sanità”.
Inoltre, “sulla base di una prima valutazione, le misure descritte appaiono dirette a rafforzare in modo coerente la “barriera di difesa” approntata nei mesi scorsi per porre il Paese in grado di affrontare l’emergenza con maggiore sicurezza. Molto, tuttavia, dipenderà dai tempi di predisposizione (da 30 a 70 giorni circa) dei piani di riorganizzazione, da recepire nei programmi operativi che, peraltro, le regioni avrebbero già dovuto elaborare in attuazione del decreto-legge n. 18 del marzo scorso. Se si dovesse partire ora anche con i programmi, potrebbe non essere possibile l’utilizzo delle risorse e l’avvio delle opere se non ad estate inoltrata, con il rischio quindi di non essere pronti nel caso di un riacutizzarsi della pandemia”.
“Dovranno – rimarca la Corte – , inoltre, essere recuperati i tempi di attivazione delle centrali operative regionali, previste fin dagli Accordi Stato-Regioni del 2013 e 2016. Dette centrali, infatti, rappresentano un indispensabile strumento di coordinamento dei servizi di assistenza presenti sul territorio e del loro raccordo con le altre aree territoriali o a livello nazionale. In positivo va rilevato che il riordino della rete ospedaliera, di cui si sottolineano anche i requisiti di flessibilità richiesti dalle norme in esame, andrà a potenziare in modo permanente l’offerta di posti letto e la capacità di accoglienza dei pronto soccorso, garantendo quindi una migliore qualità dell’assistenza anche una volta superata la fase di emergenza. Analogamente si può dire del rafforzamento dell’assistenza territoriale ed in particolare di quella domiciliare, che ha rappresentato uno dei punti deboli durante la pandemia, ma di cui già in precedenza erano evidenti le carenze”.
“Vanno valutate positivamente – precisa – le norme riguardanti gli specializzandi in medicina, anche in questo caso dirette da un lato a garantire un supporto nell’emergenza e, dall’altro, a favorire la formazione di nuovi specialisti. Come la Corte ha avuto modo di osservare riguardo al decreto-legge 18/2020, è importante provvedere quanto prima ad una determinazione del fabbisogno futuro di medici, ma anche saper trattenere presso il nostro sistema sanitario i giovani che, dopo un lungo periodo di formazione, trovano all’estero migliori opportunità di lavoro”.
29 maggio 2020
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