All’Aran si apre oggi il round negoziale per il rinnovo 2022-2024. Il primo rischio riguarda i professionisti che guadagnano 34-35 mila euro e con gli aumenti potrebbero perdere l’esonero contributivo
Si fa presto a dire 1,5 miliardi di euro. Oggi pomeriggio si apre all’Aran il tavolo di trattativa per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e si parte proprio dal comparto sanità. È la tornata 2022-2024, quella che tra l’altro dovrà tamponare (solo parzialmente) le fiammate inflattive del biennio passato, e il round negoziale inizia per oltre 500mila operatori del Ssn, esclusi i medici. Oltre la metà sono infermieri che si aspettano circa 144 euro di aumento medio lordo mensile in ragione delle risorse stanziate (appunto 1,501 miliardi), decisamente più dell’incremento tabellare del contratto 2019-2021, ma meno se si somma l’indennità di specificità infermieristica che aveva spinto in su le buste paga fino a 175 euro al mese.
Eppure spesse nubi si addensano su questo +5,78% stipendiale che i fondi nel piatto punterebbero a garantire, più alto del 3,8% dell’ultimo rinnovo. Il primo nodo è squisitamente normativo, non contrattuale. E verrà posto già oggi al tavolo: tutti i professionisti della salute e i funzionari appartenenti alla quarta area, che guadagnano una cifra lorda intorno ai 34-35mila euro annui, rischiano di veder completamente sterilizzato l’aumento contrattuale dalla contemporanea perdita del beneficio derivante dal taglio del cuneo contributivo voluto dal governo Draghi e rafforzato dall’esecutivo di Giorgia Meloni.
L’esonero, va ricordato, per il 2024 è pari al 6% se la retribuzione imponibile non supera i 2.692,30 euro (soglia dei 35mila euro) e al 7% se si è sotto i 1.923,10 euro mensili (soglia dei 25mila euro). L’intervento riguarda solo l’aliquota contributiva a carico del lavoratore che, per la sanità, è pari all’8,85%. Il taglio dei contributi garantisce oggi per i lavoratori sotto i 35mila euro un risparmio di 2.100 euro annui, circa 1.090 euro in più rispetto alla vecchia agevolazione del 3%. Cifre cui si aggiungono fino a 260 euro (da 30mila euro di reddito in su) derivanti dalla riforma fiscale che riduce da quattro a tre le aliquote Irpef. Vantaggi che tuttavia vengono azzerati appena si varca la soglia dei 35mila euro annui per quanto concerne lo sgravio contributivo. Peraltro, si rischia addirittura di subire il recupero dell’eccedenza già fruita. Dunque, i dipendenti del Ssn, infermieri in testa, che appartengono alla quarta fascia e oggi si siederanno al tavolo, metteranno subito sul piatto questo nodo: incassare da una parte e vedersi mettere le mani in tasca dall’altra.
Il secondo macigno riguarda il corretto calcolo e utilizzo delle risorse stanziate in relazione ai part time, tema sempre più centrale anche guardando all’atto di indirizzo delle Regioni, visto che il lavoro nel comparto ha una spiccata componente femminile. In sede di contrattazione nazionale, nella suddivisione degli oneri previsti dalle leggi di bilancio, il conteggio dei costi viene fatto esclusivamente considerando le ‘teste piene’ e non tiene conto del fatto che i dipendenti part time lavorano meno e quindi costano meno. Di conseguenza, si genera un risparmio rispetto agli stanziamenti che almeno alcuni sindacati, Nursind in testa, considerano di dubbia legittimità. I rappresentanti dei lavoratori portano l’esempio proprio delle indennità di specificità e di tutela del malato: tener conto delle teste piene e non del monte salari sui costi di competenza (assenze per aspettativa, maternità, part time e i comandi) significa già in partenza non spendere tutti i soldi disponibili e quindi ridurre la percentuale di aumento dei salari, che infatti in Italia sono tra i più bassi d’Europa. La proposta che arriverà al tavolo sarà allora quella di recuperare i soldi a livello aziendale ed utilizzarli, esclusivamente come risorse variabili, all’interno del fondo premialità e condizioni di lavoro.
Inoltre, grazie al decreto ‘Anticipi’ la gran parte degli aumenti contrattuali previsti (circa 90 euro mensili) in realtà è già percepita con l’Indennità di vacanza contrattuale di dicembre aumentata di 6,7 volte (non vale per i lavoratori precari). L’anticipo, che sul comparto sanità pesa per circa un miliardo, andrà poi scontato dagli aumenti a regime legati al rinnovo contrattuale. Di conseguenza restano da discutere le sorti di circa mezzo miliardo di euro: per una ragionevole valorizzazione della specificità infermieristica e della tutela del malato e per l’altro personale, si calcola, andranno già via ulteriori 300 milioni. Inoltre, sarebbero da rivedere pure le indennità (notturni, festivi, pronta disponibilità) che sono ferme da decenni, per le quali però non resta che qualche spicciolo. Il segretario nazionale del Nursind Andrea Bottega chiosa: “Se non si trovano camerieri che lavorano il sabato, la domenica e di notte, per lo stesso motivo non troviamo gli infermieri. Ecco perché servono soldi, bisogna finanziare questo disagio”. Il Nursind riterrebbe congrua una cifra di almeno 45 milioni di euro, puntando tra l’altro ad estendere l’indennità di disagio al personale della sanità penitenziaria.
Infine pesa la necessità di dare respiro effettivo al sistema degli incarichi, non ancora decollato, in modo da creare spazio a beneficio delle carriere, dell’attrattività della professione e del tanto decantato merito. Le risorse, tuttavia, non appaiono sufficienti. La richiesta al tavolo sarà allora di aumentare il valore minimo degli incarichi di media complessità da 4mila a 5mila euro annui sia per quelli organizzativi che professionali e di procedere con una maggiore attribuzione di incarichi di natura professionale. L’istituto dell’incarico dovrebbe poi essere visto pure in relazione alle problematicità degli straordinari che non devono essere riassorbiti nei casi di: pronta disponibilità; turni di servizio aggiuntivi; situazione di emergenza-urgenza; possibilità di conferire gli incarichi professionali ai part time.
Per dare ragionevole flessibilità all’utilizzo dei soldi stanziati le proposte degli infermieri riguarderanno anche una gradualità (in base all’anzianità) per l’aumento dell’indennità di specificità che oggi vale 72,79 euro lordi mensili, in modo da introdurre un meccanismo di fidelizzazione dei professionisti, contro la fuga dal Ssn. Infine, considerato l’innalzamento dell’età pensionabile senza penalizzazioni e la gravosità del lavoro infermieristico, si chiederà al tavolo di prevede la possibilità, su richiesta del dipendente, di un esonero dal lavoro notturno al raggiungimento di una congrua soglia anagrafica.