Contratti statali, la distanza sulle cifre resta alta: i paletti che ostacolano il rinnovo
Il rinnovo del contratto per i pubblici dipendenti è un passaggio cruciale per il Governo e per i conti pubblici: ecco le novità al 4 settembre.
Che il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici sia un atto dovuto, lo ha sancito la sentenza 178/2015 della Corte Costituzionale. Il blocco del contratto stabilito dal decreto “Salva Italia” di Monti e dall’allora Ministro Fornero, è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta e, pertanto, il Governo Renzi deve provvedere a sistemare la situazione. Dopo mesi e mesi di parole, cifre e discussioni, il Ministro per la#Pubblica Amministrazione, Marianna#madia, ha dato il via libera alla trattativa, autorizzando l’ARAN a trattare con i sindacati. La questione, però, è ben lontana dall’essere risolta, in primo luogo per le cifre a disposizione, e poi per i numerosi vincoli a cui il Governo è sottoposto.
La distanza tra sindacati e Governo è alta
Cifre, dicevamo, ossia i soldi che il Governo vorrebbe utilizzare per rinnovare i contratti dei lavoratori, e quelli che secondo i sindacati servirebbero davvero. Nella “Stabilità” dello scorso autunno, il Governo ha stanziato 300 milioni di europer il rinnovo dei contratti. Per i sindacati servirebbero 7 miliardi perché, per esempio, solo nel comparto scuola vengono richiesti aumenti mensili netti tra i 130 ed i 150 euro a lavoratore.
A dire il vero, studi tecnici e analisi accurate – uno dei quali è stato riportato dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” – parlano di 1,22 miliardi, che significherebbe aumenti medi tra i 16 ed i 40 euro al mese a lavoratore. La cifra stanziata dal Governo è davvero irrisoria, anche se non è la prima volta che l’Esecutivo offre una cifra bassa in vista di un rinnovo, fissando così una base di partenza da adeguare con interventi successivi, variazioni ed aumenti.
In genere, questo accade dopo la chiusura delle trattative, e la storia sembra ripetersi per la “querelle #statali“, visto che dopo la Legge di Stabilità dello scorso anno, sono passati senza novità al riguardo vari aggiornamenti del DEF e diversi altri provvedimenti economici dello Stato. La trattativa che, dopo la pausa estiva, ripartirà la settimana prossima, sembra tutta in salita.
Gli ostacoli sono davvero tanti
Dopo la riforma della Pubblica Amministrazione targata Madia, la situazione sembra addirittura peggiorata. La riforma ha cambiato lo stato giuridico del personale e ha ridisegnato la mappa dei sindacati, costringendo le sigle più piccole ad aggregarsi per via della riduzione dei comparti. La rappresentatività dei sindacati all’interno delle macro-aree create dalla riforma è stata messa a rischio proprio dalla suddetta riduzione dei comparti, e la stessa cosa è successa per i Comitati di settore, provocando stallo e ritardi nella trattativa.
Per la prossima Legge di Stabilità, voli pindarici e spese eccessive sembrano improponibili, così come confermato anche dal Ministro Madia. L’urgenza scatenata dal terremoto nel Centro Italia del 24 agosto, con tutte le altre problematiche già presenti per il Governo, rischiano di congelare le cifre disponibili per il rinnovo, nonostante le parti sociali restino ferme sulle loro pretese. Il Governo ha chiesto poi alla UE maggiore flessibilità sul pareggio di bilancio e sulla riduzione di spesa. Anche immaginando una risposta affermativa da parte di Bruxelles, la maggiore flessibilità concessa non può essere giustificata da un incremento della spesa pubblica derivante dall’aumento del contratto dei lavoratori a libro paga della Pubblica Amministrazione, o dalla riforma delle pensioni.
Da segnalare anche un incontro tra la Madia e la Camusso, leader della CGIL, per cercare di trovare una soluzione che scongiuri i paventati scioperi nelle prossime settimane. La sensazione è che si vada verso aumenti scaglionati in base al reddito dei dipendenti, perché il Ministro ha ribadito il concetto secondo cui, chi percepisce 200mila euro all’anno, può attendere un altro giro prima di vedersi adeguare il contratto. Il rischio, però, che anche con redditi inferiori a tale soglia si resti alle cifre di oggi, è ancora elevato.
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