di CHIARA D’ANGELO
La sentenza n. 25750 emessa ieri dalla Corte di Cassazione è tranciante: anche prima della riforma Madìa la condotta del dipendente che si allontana, anche momentaneamente, dal posto di lavoro senza autorizzazione e senza effettuare la dovute timbrature (di uscita e di re-ingresso) intermedie costituisce falsificazione delle attestazioni delle presenze e quindi giustifica il provvedimento del licenziamento.
Il dubbio sulla validità del licenziamento in questa specifica circostanza derivava dalla formulazione ante-riforma del D.lgs. 165/01 che, nel tenore letterale dell’art. 55 quater, sanzionava con il licenziamento l’alterazione e/o manomissione fraudolenta dei sistemi di rilevamento delle presenze.
Con la sentenza di pochi giorni fa la Suprema Corte ha chiarito che la ratio della norma, anche prima della riforma Madìa, non può in ogni caso intendersi limitata alla azioni di alterazione e/o manomissione dei sistemi di rilevamento, ma che invece configuri l’illecito ogni comportamento fraudolento in conseguenza del quale le attestazioni di presenza registrate nei sistemi di rilevamento differiscano dalla reale presenza in servizio, facendo risultare presente il dipendente che invece non lo è.
Qualora ce ne fosse stato bisogno la Cassazione ha dunque tolto di mezzo qualsivoglia appiglio ai cavilli legali per evitare il licenziamento a chi, oggettivamente, fa il “furbetto del cartellino”.
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