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GLI ESPERTI RISPONDONO

Bonus scuola e libertà di educazione: ma il problema rimane il reclutamento dei prof

Non ci meraviglia che il ministro Valditara abbia varato il cosiddetto “Buono scuola nazionale” sull’esempio di quello, esistente da ormai un quarto di secolo, in Lombardia, quanto piuttosto l’idea che in questo modo si sarebbe raggiunta la parità pubblico-privato e l’obiettivo della libertà di educazione, secondo cui ogni famiglia potrà decidere da chi fare “indottrinare” il proprio figlio.

Per quanto riguarda la prima questione, col bonus si potrà dunque consentire anche a piccole comunità, dall’islamica alla sinti alla buddista (si pensi ai cinesi) e così via, di aprirsi una scuola, secondo i propri principi ideologici, religiosi ed etici, in concorrenza con altre scuole, anche di indirizzo dottrinale comune.

Nulla infatti lo impedisce.

Fra l’altro, non pagherebbero nemmeno l’Imu, come ha dichiarato il ministro, dal momento che a ogni cittadino, costituzione alla mano, è riconosciuta la libertà di culto e di espressione politica e dunque se è concesso, il bonus, al cattolico si dovrà concedere all’ateo, al mormone ecc.

Dunque, nulla toglie che accanto a scuola cattoliche, possano nascere, grazie appunto al bonus, scuole valdesi, luterane, islamiche e così via, tutte favorite sia dal voucher e sia dalla mancanza di tassazione Imu.

In ogni caso, sarebbero tanti piccoli istituti di istruzione in conflitto fra loro o comunque in competizione, fomentando le differenze (non parliamo di dispute) culturali e religiose.

Per quanto invece riguarda il secondo aspetto, queste scuole non chiamerebbero i docenti per merito, secondo graduatorie e punteggi, esami svolti e titoli, come avviene nella istruzione pubblica, ma per “fedeltà” ideologica o politica o morale alla scuola medesima, ma pure per amicizia, conoscenza diretta, favoritismo e anche con l’impegno di dare parte del proprio stipendio al titolare della scuola, come è molto spesso avvenuto e denunciato.

In definitiva, la cosiddetta “libertà di educazione” si può garantire solo se in una scuola cattolica, per esempio, vengano chiamati solo docenti della stessa fede, idea e concezione del mondo. E questo varrebbe pure per i valdesi, i luterani, i Testimoni di Jehovah ecc., frazionando e dividendo.

Né il ministro potrà mai mantenere la promessa, come ha dichiarato, che saranno aboliti i diplomifici. Anzi, con questo sistema se ne implementeranno di più, perché i costi, col voucher a tutti garantito, si abbasseranno. Tranne che, come fu promesso al tempo,   vengano sguinzagliati schiere di ispettori e controllori: ma come pagarli e come istruirli?

Dunque, facendo un raffronto con la scuola pubblica, qui i prof sono chiamati per graduatorie di merito, senza chiedere loro né tessera politica né fede religiosa. Inoltre, disponendo ciascun docente della cosiddetta libertà di insegnamento, dà la possibilità all’alunno di farsi una idea, sentendo altri prof di altra formazione, del mondo esterno, confrontando e valutando, cosa che nella privata non potrà fare, essendo obbligati a una nenia monocorde e con docenti di cui è nota, e dunque garantita, solo la fede religiosa o politica, non quella culturale.

E per finire. Anche se si imponesse al privato di reclutare gente abilitata all’insegnamento, nessuno potrà sindacare al gestore la sua scelta, essendo ogni scuola paritaria un presidio ideologico o religioso o politico o economico, realizzato cioè anche a fine di lucro.

E anche questa, rimane una domanda: quante scuole private sono erette più che con finalità “educative” con obiettivi di lucro?

Il voucher in definitiva non farebbe altro che aumentarne i guadagni, aumentando la clientela. Come sta accadendo con la sanità.

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