“Se noi riusciremo a trasformare il concetto di autonomia, che finora è stato di solo di propaganda pura, in attuazione reale del principio di sussidiarietà faremo diventare l’adeguamento dei livelli essenziali di prestazione un punto di partenza che porterà l’intervento pubblico non solo nella definizione degli assetti”, così il ministro alla giornata conclusiva della manifestazione.
20 SET – Ultima giornata d’incontri al Forum Mediterraneo in Sanità 2019. Nella mattinata, il programma ha proposto i convegni sulla sanità che cambia, con l’autorevole intervento del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Francesco Boccia, i nuovi modelli organizzativi, sull’importanza della sterilizzazione nello Smart Hospital, la presentazione della campagna internazionale Nursing Now.
La sanità che cambia: i nuovi modelli organizzativi & le professioni sanitarie dalla formazione all’esercizio professionale.
Aprire un dialogo concreto, efficace fra medici e infermieri per sostenere un nuovo modello organizzativo utile a trovare soluzioni idonee per un’efficiente assistenza sanitaria. Questo il tema principale del dibattito che vuole anticipare le decisioni che dovrà prendere il governo regionale all’indomani dei protocolli d’intesa siglati nella conferenza Stato-Regioni. Protocolli che hanno approvato tre atti normativi distinti ma coordinati che precisano ruoli e competenze dei professionisti impegnati nell’area d’emergenza urgenza delineando il contesto di riferimento nell’ambito del rapporto medici- infermieri; hanno confermato e arricchito il triage come funzione infermieristica e ribadita l’autonomia infermieristica in relazione alle competenze acquisite durante il corso di formazione; dettato le linee guida nazionali per lo sviluppo del piano di gestione del sovraffollamento in pronto soccorso e specificamente autorizzato l’infermiere, qualora previsto da un protocollo interno, alla somministrazione di alcuni farmaci, esecuzione di prelievi ematici senza prescrizione medica.
Un dibattito che ha visto, sul finire, l’intervento del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Francesco Boccia. “Sanità e scuola sono le due grande sfide che abbiamo di fronte. Ora siamo al Governo e abbiamo doppia responsabilità. L’adeguamento dei servizi a domanda individuale, dei servizi indispensabili è una delle priorità ed è il mio punto di ripartenza della discussione con tutti i Presidenti di Regione per l’idea che il nuovo Governo ha della attuazione dell’autonomia differenziata.
Riparto dalla centralità dei livelli essenziali delle prestazioni. Il comparto sanitario come quello della scuola sarà quello che darà più spunti. Se noi riusciremo, ed io sono abbastanza confidente, a trasformare il concetto di autonomia, che finora è stato di solo di propaganda pura, in attuazione reale del principio di sussidiarietà faremo diventare l’adeguamento dei livelli essenziali di prestazione un punto di partenza che porterà l’intervento pubblico non solo nella definizione degli assetti.
Non parto dai soldi, ma voglio partire dalla qualità e dai livelli dei servizi per poi vedere quanti soldi servono per allinearli. Questo vale non solo tra sud e nord. Deve essere chiaro a tutti che gli equilibri sui livelli devono essere trovati nelle singole aree tra loro omogene per definire standard che non permettano a nessuno di essere lasciato indietro. Non a caso la qualità della vita, la capacità di essere moderni e al passo con i tempi dipende molto da quanto riusciamo a erogare questi servizi ai cittadini. Se riusciremo a rendere sanità e scuola all’altezza delle sfide che abbiamo forse, davvero, riusciremo a costruire un Paese che se la rigioca in Europa”.
Questi gli interventi svolti prima dell’intervento del Ministro.
“Abbiamo chiesto più volte, anche prima delle decisioni nazionali, un tavolo di confronto fra le diverse figure professionali – sottolinea Saverio Andreula, presidente dell’Ordine Professioni Infermieristiche – credo che adesso sia diventato necessario anche in considerazione delle risposte che bisogna dare ai cittadini”.
“L’emergenza urgenza è un tema che riguarda tutti noi. Chi oggi si confronta con l’emergenza quotidiana è un eroe – spiega Giovanni Migliore, direttore generale Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari – dobbiamo riflettere e pensare a nuovi modelli organizzativi per un bene che va difeso. In un momento in cui abbiamo difficoltà a trovare professionisti medici, vale la pena focalizzare i punti legati alla gestione della rete territoriale con un utilizzo coordinato e integrato delle professionalità e delle risorse che possono permetterci di trovare una via d’uscita” .
“Ben vengano i nuovi modelli assistenziali ma siamo veramente pronti a fare sistema e riorganizzarli? Così Loreto Gesualdo, presidente Scuola di Medicina Universitaria di Bari. “Sento una serie di fake news. Si parla di mancanza di personale quando abbiamo 10.000 studenti laureati in medicina che rimangono a spasso per almeno 12 mesi con aggravi per l’economia sanitaria. Non solo. Abbiamo il più alto numero di medici in Europa, basti pensare che ci sono 2.700 nefrologi 52 per milione di abitanti tanti, se consideriamo che nel Regno Unito sono 9 per milione di abitanti. E, al contrario, abbiamo il più basso numero di infermieri. Allora, la questione è fare sistema per trovare la giusta sostenibilità, accettata dalle dinamiche attuali. E per fare questo dobbiamo fare i conti con i numeri”.
Un’ultima affermazione che trova d’accordo Nicola Calabrese, vicepresidente Nazionale FIMMG. “I modelli sono dati dai numeri. La collaborazione diretta fra medici e infermieri diventa fondamentale e credo che la Regione Puglia stia lavorando bene in questa direzione con il modello CARE 3.0. Però attenzione a non parlare di modelli senza capire il vero significato. Il CARE 3.0 è un modello che coinvolge e regola tutte le componenti professionali in base alle proprie competenze. Insomma, dice chi fa e cosa in un’ottica di razionalizzazione delle risorse e delle economie”.
“Bisogna portare l’ospedale nel territorio – evidenzia Francesco Capurso, presidente Ordine TRSM-PSTRP interprovinciale Bari-Taranto e Bat – così solo si contribuisce a migliorare la qualità della vita di una persona e della sua famiglia”.
Nursing Now e le iniziative globali per la salute e l’infermieristica
Nursing Now Italy, il gruppo nazionale della campagna globale volta a migliorare la salute e l’assistenza sanitaria attraverso l’infermieristica, sta lavorando alacremente per valorizzare l’impatto del lavoro degli infermieri sulla salute dei pazienti, delle famiglie e delle comunità a tutti i livelli e in tutto il mondo.
L’incontro di oggi, promosso anche dalla Consociazione Nazionale della Associazioni Infermiere/i (CNAI), ha affrontato questioni chiave del settore come lo sviluppo professionale, la carenza di personale e gli ostacoli al pieno sviluppo della pratica e delle competenze infermieristiche indicando cinque obiettivi da raggiungere entro la fine del 2020, quando la campagna globale ‘Nursing Now’ arriverà a suo compimento.
Obiettivi che spiega nel dettaglio Walter De Caro, presidente CNAI. “Puntiamo ad avere maggiori investimenti per migliorare l’istruzione, lo sviluppo professionale , gli standard, la regolamentazione e le condizioni di lavoro degli infermieri cercando un confronto con le istituzioni per puntare all’eliminazione della carenza globale dei 9 milioni di infermieri e ostetriche prevista entro il 2030. Vorremmo una maggiore e migliore diffusione di pratiche efficaci e innovative nell’infermieristica; puntiamo ad avere maggiore influenza per infermieri e ostetriche nella definizione delle policy sanitarie globali e nazionali per garantire più coinvolgimento del personale sanitario nei processi decisionali”.
Gli altri due obiettivi della campagna ‘Nursing Now’ riguardano la volontà di ottenere più infermieri in posizioni di leadership e maggiori opportunità di sviluppo a tutti i livelli; fornire ai responsabili politici informazioni periodiche per comprendere dove la professione e l’assistenza infermieristica possono avere il maggiore impatto.
“Al mondo gli infermieri sono oltre 2milioni – chiosa De Caro – e 440mila in Italia, un numero che pur sembrando grande in realtà non soddisfa le richieste di professionalità nel nostro Paese che rimane sempre sotto organico a causa del razionamento delle risorse del SSN che per un decennio ne ha bloccato le assunzioni. Molti sono stati costretti anche a trasferirsi in altri paesi europei come Germania e Inghilterra. L’Italia, come numero di infermieri in servizio all’interno dei reparti, si pone in fondo alle graduatorie delle nazioni OCSE con un 20^ posto su 28^ e la Puglia non sta messa meglio, ma so che presto ci saranno nuove assunzioni per gli infermieri professionisti”.
Programmare ed innovare in sanità: nuovi percorsi per il futuro
I big data corrono in soccorso del paziente. E’ attraverso l’utilizzo delle informazioni raccolte dai dispositivi elettronici che possono arrivare nuove soluzioni alla pianificazione strategica sanitaria e alla gestione delle patologie. “Potenzialmente l’uso dei big data non conosce limite, la gran mole di informazioni raccolte, tuttavia, ha un problema in merito alle competenze che la pubblica amministrazione ha di poterle utilizzare correttamente – è il ragionamento portato al forum Sanità da Massimo Annicchiarico, direttore generale Ao San Giovanni Addolorata Roma – le potenzialità sono enormi ma c’è un primo limite nel non aver sviluppato ad oggi una cultura sufficiente per capire con certezza quali informazioni trarne”. La questione, infatti, è come trasformare i numeri in informazioni che generino valore per i cittadini.
“Gli ambiti di applicazione dei big data sono due: da un lato c’è la capacità di valutare nel complesso insiemi di popolazioni sui quali raccogliere grandi informazioni epidemiologiche e sviluppare modelli predittivi di patologia; dall’altro i dati sono tanti ma anche facilmente personalizzabili, perché ognuno di noi lascia impronte caratteristiche del proprio comportamento e questo può consentire di meglio accompagnare il percorso di ogni singolo paziente facendo dei big data anche una tecnologia della persona”. Un esempio è quello degli orologi intelligenti. “Non stiamo parlando di un cervellone elettronico, ma di dispositivi portatili come l’orologio intelligente in grado di raccogliere informazioni biometriche su atteggiamenti di prevenzione dei fattori di rischio della salute (quanto cammini, come mangi, quanto dormi), e come assumi la terapia se lo fai in modo corretto e in orario” ha concluso Annicchiarico.
All’incontro organizzato in partnership con l’Università Lum Jean Monnet, è intervenuto anche, Federico Spandonaro, docente dell’Università di Tor Vergata e presidente di Crea Sanità. Il professore ha ragionato del problema della sostenibilità del servizio sanitario dove gli sprechi ammontano a 40 miliardi su 115 di spesa complessiva. A subire le maggiori difficoltà è il ceto medio. “Non diamo più un servizio al ceto medio per cui la gente decide di pagarsi le spese di tasca propria” ha osservato Spandonaro rilevando tuttavia come, nonostante le differenze di Pil tra Nord e Sud, “il sistema universalistico italiano garantisce le regioni meridionali che andrebbero in crisi con un federalismo totale”.
http://www.quotidianosanita.it/puglia/articolo.php?articolo_id=77047
Clicca sull'immagine per aprire il file in formato PDF