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GLI ESPERTI RISPONDONO

NurSind Alessandria: “vergognosa validazione mascherine non idonee come chirurgiche destinate al personale sanitario”

Intanto nella Sanità alessandrina vi sono sempre più contagiati tra il personale sanitario e tamponi e dpi scarseggiano

Alessandria, lì 14 Aprile 2020

Non solo costretti a lottare con poche risorse umane e scarsi dispositivi di protezione individuale contro un virus che nel mondo continua a mietere vittime di ogni età. L’ultima beffa per gli operatori sanitari del Piemonte è arrivata pochi giorni fa da parte dell’Unità di Crisi, che ha sancito la validazione di un certo tipo di mascherine come “mascherine chirurgiche”, seppur queste non abbiano i requisiti necessari per essere definite come tali.

A seguito di questa decisione, NurSind Alessandria, il sindacato degli infermieri, ha deciso di intervenire prontamente a tutela degli esercenti della professione  infermieristica. “Abbiamo immediatamente chiesto la visione del documento che certifica questa validazione – afferma Francesco Pesce, delegato aziendale NurSind Alessandria –  e lo studio scientifico che lo  supporta con annessi nomi e cognomi di chi ha avallato questa tesi. Queste mascherine non dovrebbero essere utilizzate in ambito sanitario, sono prive di certificazione EU e non sono state testate. Non assicurano nessun tipo di protezione, ma il personale è obbligato ad indossarle”.

La percentuale di sanitari positivi al Covid-19 in Italia, infatti, è già preoccupante e anche in Aso Alessandria i numeri sono tutt’altro che incoraggianti. L’azienda comunica che i tamponi eseguiti sono circa 650 con 117 positivi, un numero molto alto che si attesta circa al 20%. Se si confermasse questa media sul totale dei dipendenti (2.500) sarebbero positivi oltre 450 operatori, anche se è probabile che la stima sia ancor peggiore.

Uno dei motivi di un così alto numero di infettati è sicuramente riconducibile alla carenza e all’inadeguatezza dei Dpi messi a disposizione degli operatori. Un altro motivo, non meno importante, è la scarsa formazione, informazione e livello d’addestramento degli operatori stessi secondo i parametri stabiliti dalla legge sulla sicurezza sul lavoro 81/2008.

Come NurSind abbiamo denunciato più volte la situazione critica in direzione generale, coinvolgendo anche il RSPP (responsabile del servizio di prevenzione e protezione), ribadendo l’assoluta necessità di mettere in pratica quanto previsto dal decreto 81/2008, ovvero: curare la parte dell’addestramento che assieme all’informazione e formazione del lavoratore fa parte del pilastro fondamentale in materia di sicurezza sul lavoro.

Nonostante la situazione critica legata al Covid-19 fosse già stata dichiarata il 31 gennaio 2020 come “emergenza sanitaria nazionale”, divenuta poi “pandemia”  l’11 marzo 2020, l’ospedale alessandrino non si è mai prodigato nel dar il via ad una campagna a tappeto di addestramento di tutto il personale sull’uso corretto dei Dpi. Ma cosa ancor più grave, non si è mai provveduti ad una valutazione del rischio che, secondo quanto previsto dal decreto 81/2008, avrebbe già dovuto essere stimato in tempo utile per evitare di ritrovarsi a fine marzo senza una valutazione del rischio che fornisse a tutti gli operatori sanitari una linea comune di comportamento.

“L’Azienda ha acquistato 16.000 mascherine N95 – prosegue Francesco Pesce di NurSind – ma vista la vergognosa validazione dell’Unità di Crisi di queste mascherine non idonee come “mascherine chirurgiche”, abbiamo chiesto all’Azienda di consegnarle nei reparti  e dare disposizione di usarle in sostituzione di quelle chirurgiche, in conseguenza del fatto che ormai oggi ogni degente e collega ha un’altissima  probabilità di essere vettore del virus anche se presente in reparti non Covid”. Più  studi, infatti, sembrano confermare che il contagio non avvenga solo tramite contatto diretto “dropplets”, questo perché il virus rimarrebbe anche nell’aria per un determinato tempo.

La situazione, purtroppo, non è migliore sul fronte dei tamponi effettuati. Dopo due giorni in cui sembrava ormai essersi avviata la macchina con una calendarizzazione degli stessi, circa 10 giorni fa c’è  stato un dietro-front improvviso in seguito ad una direttiva della Regione che dava indicazioni di effettuare i tamponi con precedenza sui soggetti sintomatici, senza però bloccare i processi avviati. Sta di fatto che attualmente si stanno eseguendo circa 20 tamponi al giorno ai sanitari, un numero chiaramente insufficiente per limitare il rischio di contagio e per tutelare la salute di pazienti e personale sanitario.

 L’Oms, l’ISS e il Ministero, infatti, indicano chiaramente come strumento fondamentale per il  contenimento del virus l’effettuazione dei tamponi al maggior numero di operatori sanitari possibile.

Come sindacato delle professioni infermieristiche riscontriamo parecchie difficoltà in questo senso e ci sembra veramente assurdo.

Un cittadino che risulta positivo e viene trovato in circolazione rischia l’arresto, o comunque procedimenti penali. Ad un sanitario, invece, che ha un’altissima probabilità di risultare positivo al test, dopo che ha avuto un  contatto diretto col virus, non gli viene concessa la possibilità di eseguire un tampone tempestivamente, senza pensare che questa persona continuerà ad avere contatti con degenti, colleghi e parenti. Ne è un chiaro esempio la medicina prima in cui sono presenti circa una ventina di operatori sanitari positivi.

Ultima triste considerazione: da parte del Governo, sia nel decreto “cura Italia”,  sia nell’ultimo intervento, le misure verso gli infermieri sono pari a zero. Per questo, ma non solo: “finita l’emergenza scenderemo sicuramente in piazza a chiedere con forza i giusti riconoscimenti per tutelare la nostra professione e la nostra dignità”.

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