Salta l’accordo tra il NurSind e la direzione generale dell’Azienda Sanitaria 3, e il sindacato degli infermieri mantiene lo stato di agitazione.
Non è andato a buon fine l’incontro in Prefettura, svoltosi lunedì mattina, in seguito all’iniziativa sindacale avviata dal Nursind per contrastare il taglio delle indennità decise dall’Aas3 nel corso dell’ultimo anno.
«L’azienda ha fatto un passo indietro – afferma Afrim Cassli, Segretario Territoriale NuSind di Udine –, noi ne faremo uno avanti. Manteniamo lo stato di agitazione.
Ci riuniremo nei prossimi giorni, per l’organizzazione di scioperi e iniziative di protesta. Abbiamo consegnato tutta la documentazione ai nostri legali per procedere».
La richiesta del sindacato degli infermieri riguarda il ripristino delle indennità per la terapia intensiva per una sessantina di operatori: se sulla verifica delle indennità turnistica sulle dodici ore, altro punto oggetto del contendere, si è trovato un accordo fra le parti, sul pagamento del servizio di terapia intensiva il sindacato non molla e si dice pronto a procedere per vie legali.
«Il nostro contratto – sostiene Cassli – prevede l’indennità per gli infermieri che fanno terapia intensiva.
Ciò a prescindere dal luogo in cui opera, e nel nostro caso abbiamo sul territorio molti infermieri che lavorano sulle ambulanze: già intubare è fare terapia intensiva».
Al centro della contesa sono le direttive previste nei contratti di una sessantina di infermieri che operano negli ospedali di San Daniele, Gemona, e Tolmezzo che rientrano nel territorio comprensoriale montano e collinare dell’Ass3: l’indennità che la direzione aziendale ha tagliato nell’ultimo anno, riguarda in particolare, un contributo giornaliero di 4,20 euro in caso di servizio di terapia intensiva: per operatore del settore sono poco meno di mille euro in un anno, ma sono troppi di questi tempi.
Nel corso dell’incontro in Prefettura, la discussione tra le parti ha riguardato il fattore rischio previsto nella pratica di terapia intensiva, e il suo conseguente riconoscimento contrattuale:
«Non si può negare – dice ancora Afrim Cassli – che un operatore sanitario del pronto soccorso non si trovi spesso a praticare la terapia intensiva, in casi di emergenza. Per questo motivo abbiamo deciso di procedere per via legale, e mantenere lo stato di agitazione.
Nei prossimi giorni comunicheremo le nostre iniziative».
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