Questa settimana il Parlamento dovrebbe approvare – il condizionale è d’obbligo visto il prolungarsi dei lavori – in via definitiva il DDL n. 2224 più noto come DDL Gelli “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Il dibattito alla Camera ha portato all’approvazione dei primi 5 articoli e ora si procederà all’approvazione dei restanti, tra cui spicca l’art. 9. Verosimilmente per l’approvazione definitiva si sceglierà di non modificare il testo proveniente dal Senato.
Tale approvazione senza modifiche porta in sé, tuttavia, un errore madornale. Infatti, nei dibattiti di presentazione del disegno di legge ci è sempre stato detto che il vantaggio per gli esercenti le professioni sanitarie sarà che l’azione di rivalsa esercitata dalla pubblica amministrazione attraverso la Corte dei Conti non potrà avere una consistenza superiore a tre annualità lorde dello stipendio (per un infermiere meno di 90 mila euro in totale). Ebbene nel testo uscito dal Senato, e ora in approvazione alla Camera, così non è.
La parte che ci interessa è contenuta all’interno dell’art. 9 (Azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa):
“L’importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all’articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo.”
È bene ricordare che il testo uscito dalla Camera e arrivato in Senato contenuto nel comma 5 dell’art. 9 prevedeva la seguente dizione:
“La misura della rivalsa, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al triplo della retribuzione lorda annua.”
Come si può notare la differenza non è di poco conto. Secondo i deputati la rivalsa non può superare tre volte lo stipendio lordo (una somma pari al triplo della retribuzione lorda annua), mentre per i senatori la rivalsa non può superare la retribuzione annua lorda moltiplicata per un valore pari a tre volte la stessa retribuzione (della retribuzione lorda… nell’anno…, moltiplicato per il triplo).
Facciamo l’esempio di un infermiere che nell’ultimo anno abbia guadagnato una retribuzione annua lorda parti a 27.000 euro. Per la Camera dovrà restituire all’amministrazione come rivalsa in caso di colpa grave al massimo 27.000 euro x 3 = 81.000 euro. Per il Senato, che ha modificato il testo, lo stesso infermiere può essere chiamato a rispondere economicamente fino a un massimo di 27.000 x 81.000 (il triplo) = 2.187.000.000 cioè poco più di due miliardi di euro, pari a 81.000 anni di lavoro anziché tre anni.
Una follia legislativa! Non ci sarebbe polizza al mondo che coprirebbe una tale somma posto che ci sia un giudice che riconosca un danno di tale valore.
Si tratta evidentemente di un macroscopico errore che deve assolutamente essere corretto pena il venir meno dell’utilità per gli esercenti sanitari di una tale norma.
Cosa farà questa settimana il Parlamento che dovrà decidere se rinviare il testo al Senato oppure approvarlo così com’è? Il 28 febbraio avremo al riposta.
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