Sulla scia di alcuni casi di cronaca, clamorosi quanto limitati, si era alzata un’onda d’indignazione in tutto il Paese. Di più, uno tzunami di odio e furore che la politica ha cavalcato per nuove crociate. E invece no, la Pubblica Amministrazione italiana decisamente non è rappresentata da quelle vicende e neppure dal recente caso dell’insegnante di Chioggia presente per soli 4 anni al lavoro su 20 di carriera. Ci sono voluti ben quattro lustri prima di darle il benservito, ma quel caso singolo non è lo specchio dei dipendenti pubblici italiani, spesso ingiustamente identificati con gli autori di pratiche meschine trasformate da media e politica in veri e propri tormentoni nazionali, come nel caso dei “furbetti del carrellino” e prima di loro dei presunti “fannulloni” di brunettiana memoria.
La prova provata che non sia così arriva dalla Corte dei Conti che ha concluso e pubblicato l’ultimo monitoraggio sui licenziamenti nel pubblico impiego con dati relativi al 2022. Il Messaggero ne dà conto oggi in un articolo che titola su un aumento del 13% rispetto all’anno prima. Una percentuale apparente grande che si ridimensiona appena la si rapporta ai numeri assoluti: parliamo infatti 491 persone su una platea di 3,2 milioni di lavoratori. Nel 2022, spiega la Corte dei Conti, sono stati avviati 10.707 procedimenti disciplinari. Quelli per “falsa attestazione della presenza accertata in flagranza” sono stati soltanto 168. La maggior parte di questi casi si è registrata nei ministeri e nei Comuni. Rispetto ai 10 mila e passa procedimenti avviati, ne sono stati conclusi 8.175. La maggior parte di questi, 3.562, si sono conclusi con sanzioni minori, mentre altri 2.500 circa con l’archiviazione o il proscioglimento del lavoratore. Ci sono state 1.663 sospensioni dal servizio, la maggior parte delle quali (quasi 1.100) inferiori a 10 giorni.