Il pagamento della tassa di iscrizione all’OPI non può essere a carico delle Asl, ma è onere degli infermieri, in quanto l’attività prestata da questi ultimi non è esclusiva come quella prestata dagli avvocati (Corte di Cassazione con la sentenza n. 32589 del 4 novembre 2022).
La Corte di Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Alessandria, che rigettava il ricorso degli infermieri, volto ad ottenere dalla Asl il rimborso delle spese sostenute per l’iscrizione all’OPI.
La Corte territoriale ha escluso infatti che l’iscrizione all’OPI risponda ad un interesse esclusivo del datore di lavoro perché, diversamente da quanto accade per gli avvocati, l’attività infermieristica non comporta un obbligo assoluto di esclusività.
I giudici della Cassazione spiegano che «il pagamento della quota annuale di iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati per l’esercizio della professione forense nell’interesse esclusivo del datore di lavoro è rimborsabile dal datore di lavoro, non rientrando né nella disciplina positiva dell’indennità di toga (art.14, comma 17, d.P.R. n.43 del 1990) a carattere retributivo, con funzione non restitutoria e un regime tributario incompatibile con il rimborso spese, né attenendo a spese nell’interesse della persona, quali quelle sostenute per gli studi universitari e per l’acquisizione dell’abilitazione alla professione forense». Quel principio muove dal presupposto che per gli avvocati degli enti pubblici, tenuti al rispetto dell’obbligo di esclusività, in quel caso assolutamente inderogabile, le spese di iscrizione all’albo rispondono all’interesse esclusivo del datore di lavoro, in quanto finalizzate unicamente a consentire la difesa in giudizio dell’ente, altrimenti non assicurabile.
Diverso è il contesto normativo che viene in rilievo in relazione
alla professione infermieristica, in ordine alla quale la disciplina succedutasi nel tempo, seppure improntata al rispetto del dovere di esclusività sancito dall’art. 98 Cost., ammette, alle condizioni richieste dall’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e dalle leggi speciali, l’esercizio dell’attività libero professionale, consentito, oltre che nei casi di part time rispondente ai requisiti fissati dalla legge n. 662/1996, anche per prestazioni aggiuntive (d.l. n. 402/2001) e per le attività di supporto all’attività libero professionale in intramoenia. L’art. 53, inoltre, consente che, previa autorizzazione del datore di lavoro, possano essere accettati incarichi retribuiti, ove non sorga conflitto di interesse con l’ente di appartenenza, sicché la normativa, diversamente da quanto si riscontra per la professione forense, non contiene un divieto assoluto di compimento degli atti tipici dell’attività infermieristica al di fuori del rapporto di impiego, con la conseguenza che l’iscrizione all’albo, che è condizione necessaria per l’esercizio di quell’attività, non si può ritenere imposta dal legislatore nel solo interesse del datore di lavoro pubblico.
Maria Luisa Asta
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