l Trattamento di fine rapporto cambia: non sarà più necessario attendere fino a 5 anni
Una delibera del consiglio di amministrazione dell’Inps cambia le regole sul trattamento di fine rapporto per i lavoratori statali. Che non dovranno più attendere per avere il resto della loro liquidazione fino a cinque anni dopo il pensionamento. E nemmeno chiedere il prestito alle banche per l’anticipo. L’istituto, fa sapere oggi Il Messaggero, anticiperà tutta la somma dovuta con un interesse dell’1%. Più un contributo a titolo di rimborso spese forfettario dello 0,50%. La norma è valida a partire dal primo febbraio 2023. E l’interesse dell’1% è più conveniente rispetto ai tassi bancari attuali. Perché nel frattempo il meccanismo di anticipo escogitato dal governo Conte I fino a 45 mila euro con l’accordo dell’Abi è diventato meno conveniente.
Il trattamento di fine rapporto degli impiegati pubblici
Andiamo con ordine. Attualmente i lavoratori statali che vanno in pensione ricevono la liquidazione con tempi che vanno fino a 5 anni rispetto al giorno del ritiro dall’occupazione. O meglio: il dipendente pubblico riceve da subito 50 mila euro. Per il resto, qualunque sia la cifra, deve attendere almeno 24 mesi. Mentre chi va in prepensionamento a meno di 62 anni deve attendere il compimento dei 67 per ottenere le tranche della liquidazione. Senza contare i ritardi della stessa Inps. Che spesso arriva a far aspettare fino a 72 mesi per ricevere i soldi. Per risolvere questo problema nel 2019 era arrivato l’anticipo della liquidazione con l’accordo delle banche. La convenzione con l’Abi però prevede che il tasso del prestito sia uguale al rendistato più uno spread dello 0,4%. Il rendistato è il rendimento annuo lordo di un paniere di titoli di stato italiani, ossia il rendimento di un campione di titoli pubblici a tasso fisso. E proprio qui è nato il problema. Perché nel frattempo la scadenza più breve ha superato il rendimento del 2,6%. Mentre per le più lunghe si arriva al 4,5%. E così per avere l’anticipo della liquidazione dalle banche si arriva a spendere dal 3 al 4,8% in interessi. Da qui la necessità di fermare la corsa degli interessi. E la discesa in campo di Inps.
Cosa succede con la liquidazione e l’Inps
Con la deliberazione numero 219 adottata il 9 novembre dal CdA da febbraio 2023 l’Istituto potrà versare ai lavoratori pubblici somme pari alla liquidazione maturata ad un tasso dell’1% più le spese di 0,5%. Si potrà anche ottenere tutta la liquidazione e non soltanto un anticipo fino a 45 mila euro. Le somme saranno erogate al netto degli interessi, ma la liquidazione dovrà essere ceduta con clausola pro-solvendo nei confronti di Inps. Questo significa che si effettua salvo buon fine. E quindi la consegna del titolo non costituisce adempimento definitivo e non libera il debitore. Questa arriva solo con l’avvenuto pagamento dell’assegno da parte della banca, perché potrebbe essere anche scoperto. Le domande si potranno presentare soltanto online. E saranno accolte fino all’esaurimento dei fondi assegnati. Dall’anticipo è escluso chi ha un debito contributivo non saldato o cartelle esattoriali da regolare.