L’anno scorso sembrava sparita, ma adesso è tornata a circolare con i maggiori contatti interpersonali e il rilassamento sulle misure di sicurezza. I più esposti sono sempre i bambini da 0 a 4 anni
di Ulisse Spinnato Vega
Le misure di contenimento del Covid e i lockdown dell’inverno scorso avevano generato l’effetto collaterale di azzerare l’influenza. Quest’anno, però, la musica cambia, tanto che nella prima settimana di gennaio si sono registrati 305.900 nuovi casi, mentre sono ormai 3 milioni (3.015.000) da inizio stagione gli italiani colpiti dai normali virus influenzali e da altri di carattere respiratorio. La rete di sorveglianza epidemiologica InfluNet dell’Istituto superiore di sanità (Iss) certifica che il ritorno dei tipici malanni invernali è legato a una maggiore circolazione delle persone, ai contatti relazionali più stretti e a una minore cautela rispetto a misure come la pulizia frequente delle mani e l’utilizzo della mascherina.
Il valore dell’incidenza totale è pari a 5,16 casi per mille assistiti, in calo rispetto ai 5,67 casi per mille della settimana precedente; una flessione dovuta alla chiusura delle scuole nel periodo natalizio. La fascia d’età più colpita rimane quella tra 0 e 4 anni (l’incidenza è pari a 8,58 casi per mille assistiti), benché sia fortunatamente in discesa l’impatto del pericoloso virus respiratorio sinciziale rispetto al picco di metà novembre. Gli over 65, al contrario, sono i più protetti (2,77 casi per mille assistiti) grazie alle capillari campagne di vaccinazione. Va detto che la popolazione degli assistiti in sorveglianza è mediamente pari a 1.530.170 per settimana. Le Regioni in cui l’influenza è più presente risultano infine Lombardia e Umbria.
In linea generale, come detto, i ceppi in circolazione sono ovviamente più diffusi rispetto all’anno scorso, ma risultano meno aggressivi rispetto a quelli che hanno caratterizzato la stagione 2019-2020, l’ultima prima della pandemia. Tuttavia, il picco non è ancora arrivato ed è atteso nelle prossime settimane, durante il periodo più freddo dell’inverno. “Con l’allentamento di tutte le misure restrittive temo che, dopo un così lungo periodo di circolazione praticamente assente tra la popolazione europea, il virus possa allontanarsi dagli abituali schemi di circolazione stagionale e restare in Europa fino a maggio”, ha spiegato Pasi Penttinen, esperto dell’Ecdc. Morale? Rischiamo di finire a letto in tarda primavera.
Secondo gli studiosi, il ceppo prevalente in questa stagione è il sottotipo H3 dell’influenza A. L’incubazione dura circa un paio di giorni dopodiché si manifesta con febbre superiore ai 38 gradi, nei bambini fino a 39-40, oltre a sintomatologia con tosse, raffreddore, brividi, mal di gola, cefalea, dolori articolari e muscolari, debolezza diffusa. Di norma, i virus influenzali sono di quattro tipi, a loro volta suddivisi in sottotipi, e vengono indicati con le lettere dalla A alla D (A e B colpiscono l’uomo).
In conclusione, va detto che l’attenzione è tornata alta, anche se dispositivi di protezione come le mascherine Ffp2 dovrebbero contenere il contagio su numeri limitati. Malgrado ciò, gli esperti parlano di rischio “twindemic”, neologismo inglese che indica la convivenza del Covid e dei normai ceppi influenzali: un’accoppiata che sta mettendo in difficoltà la sanità in molti Paesi Ue. Ad alzare ulteriormente il livello d’allerta sono peraltro le perplessità sollevate dagli attuali vaccini antinfluenzali, che sarebbero stati sviluppati su un ceppo virale differente da quello che attualmente circola di più.
FONTE: NURSIND SANITA’ (LINK: https://www.nursindsanita.it/2022/01/20/linfluenza-rialza-la-testa-e-gli-esperti-temono-il-rischio-twindemic/)
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