Da temutissimo scoglio capace di tenere sveglie sui libri intere generazioni la notte prima per un ultimo ripasso generale, negli anni l’esame di Maturità sta diventando poco più che un passaggio formale quasi del tutto privo di quella giusta dose di pathos e timore che l’hanno sempre caratterizzato. A determinare questa involuzione sono state le varie riforme che si sono susseguite rendendo l’esame di Stato sempre più facile. Ma semplificare non è sempre cosa buona e questo caso ne è un esempio lampante. A causa del Covid, che da due anni funesta la vita scolastica (e non solo), anche per quest’anno il ministero dell’Istruzione è fortemente orientato verso una Maturità “leggera” senza prove scritte e soltanto con un colloquio e un elaborato redatto dagli studenti.
Una decisione motivata dalla volontà di andare incontro ai ragazzi già messi in difficoltà dalla didattica in presenza a singhiozzo, perfettamente in linea con quella “scuola degli affetti” tanto cara al ministro Bianchi. Siamo sicuri, però, che coccolare così gli studenti prossimi al debutto nella vita universitaria o lavorativa sia un bene per loro? Eppure la funzione della scuola dovrebbe essere quella di formare le cittadine e i cittadini del futuro fornendo loro un bagaglio il più possibile ampio, non certamente di spianare la strada rimuovendo ogni ostacolo per risarcirli delle difficoltà incontrate a causa della pandemia.
Non va dimenticato che obiettivo dell’esame di Maturità è, e deve continuare a essere, certificare a livello nazionale quelle conoscenze, abilità e competenze richieste per il conseguimento del titolo riconosciuto dallo Stato. La deriva che la sta investendo, invece, rischia di ridurre questa prova a un mero pro forma per arrivare, infine, a legittimarne l’abolizione. In tal modo, il sistema scolastico italiano compirebbe un ulteriore passo verso l’anglosassonizzazione che, a dirla tutta, non sarebbe una grande conquista.
Il modello di istruzione anglosassone ha infatti dimostrato ampiamente di essere fallimentare e di sfornare eserciti di ragazzi ignoranti, privi di quella formazione indispensabile per affrontare la vita in tutti i suoi contesti. Il valore della parola scritta, soprattutto in un’epoca dominata spesso dalla superficialità di pensiero indotta dalle sempre più incalzanti esigenze di velocità nella comunicazione, va preservato strenuamente.
E in questo la prova scritta di Italiano, l’inossidabile tema, riveste un’importanza fondamentale, perché rappresenta un’occasione per i ragazzi di esprimere le proprie idee e di dimostrare le proprie capacità di rielaborazione dei saperi appresi durante l’anno scolastico. Una valutazione seria dei maturandi non può prescindere dalla prova scritta. E non ci sono pandemia e Dad che tengano. La Gilda degli Insegnanti è da sempre schierata contro i tentativi, numerosi e provenienti da vari fronti, di svilire l’esame di Maturità abolendo il valore legale del titolo di studio.
Ester Trevisan
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