È rimasto celebre il motto del Croce, il quale, alla caduta del fascismo, liquidò quell’enorme conquista con un serafico heri dicebamus (“ieri stavamo dicendo”), in quanto supponeva che l’Italia potesse ripristinare lo Stato liberale e pre-fascista in fretta e senza troppi affanni, magari solo mediante un articolato riassetto politico. Oggi anche la scuola s’affanna alla ricerca di soluzioni operative che possano in qualche modo ripristinare – tanto sotto l’aspetto didattico quanto sotto quello organizzativo – il funzionamento di quei meccanismi inceppati o scassinati dalla pandemia, allo scopo di tornare a prassi precedenti e collaudate; tuttavia, come ha acutamente osservato Benenedetto Vertecchi (Niente sarà come prima. Neanche nell’educazione, 2020) occorrerebbe piuttosto definire i presupposti di una nuova normalità, la cui urgenza è stata drammaticamente messa in evidenza dallo sconvolgimento della cultura educativa da parte dell’emergenza sanitaria tuttora in corso.
Purtroppo, però, l’infezione conseguente al covid-19, oltre a stoppare antiche consuetudini metodologiche ha altresì evidenziato tutti i limiti della gestione dell’attività educativa, che molti erano disposti a non considerare perché avrebbero comportato un riassetto troppo profondo del sistema scuola nonché un cambio di rotta epocale, considerando tutte le impostazioni didattiche (perlopiù di origine comportamentista) utilizzate da docenti di ogni ordine e grado.
La qualità degli apprendimenti – ha arguito il professor Vertecchi – è intimamente legata all’interazione diretta, in quanto il contesto comunicativo si riverbera sulla socializzazione e sull’emotività, elementi essenziali nei processi d’apprendimento e di crescita personale. Del resto nell’interazione diretta vengono stimolate le attitudini dei discenti, in particolar modo la propensione al discernimento e alla costruzione di quei saperi connessi alle competenze trasversali e sociali.
La crisi dei nostri tempi ha spezzato la congiuntura tra il compito precipuo della scuola, ossia l’educazione formale, e il contesto operativo in cui la scuola opera, ovvero l’educazione non formale: superare i problemi che oggi affliggono le istituzioni scolastiche significa anzitutto ponderare soluzioni didattiche (e ideologiche) nuove, in luogo di quelle consuete, capaci di ricomporre le fratture non affidandosi unicamente all’aumento dei supporti digitali o all’utilizzo massivo di strumentazioni tecnologiche. D’altra parte, un cambio di rotta davvero efficace presuppone la revisione di uno o più elementi fondanti dell’educazione, a cominciare dalle scelte culturali e dalle finalità sociali.
Ora, questa ripartenza non può prescindere da uguaglianza e inclusione – come ha rammentato di recente il neo ministro Bianchi – né dall’equità nell’accesso alle risorse messe a disposizione degli studenti; dato che la pandemia ha esasperato parecchio le povertà educative, il successo nell’Istruzione e nella Formazione è il fondamento di ogni sviluppo futuro. Occorre quindi dare in modo incondizionato opportunità d’espressione, valorizzando l’acquisizione delle competenze utili all’esercizio della cittadinanza attiva e consapevole.
A tal proposito, martedì 16 marzo 2021 partirà un confronto, tra MI e organizzazioni sindacali, per la progettazione e la stesura di un “Patto per l’Istruzione e la Formazione”, iniziativa volta a stimolare un serio dibattito su problemi concreti quali organici, reclutamento, precarietà, tempo scuola e valorizzazione del sistema scolastico o del personale docente; temi peraltro prodromici alla reale ripartenza del nostro Paese, vessato da un anno di tragedie sanitarie e lacerazioni sociali; il confronto fa seguito all’avvio delle relazioni sindacali tra il neo ministro Patrizio Bianchi e le O.O.S.S. di settore, avvenuto lo scorso 24 febbraio, in cui si è ravvista la necessità della costituzione di appositi tavoli di discussione concentrati su mobilità, autonomia scolastica, pianificazione delle risorse e sicurezza.
Istruzione e formazione, due termini nodali: nell’accezione più comune, il termine istruzione sta ad indicare l’acquisizione di conoscenze, informazioni, nozioni essenziali; parimenti il termine formazione prelude all’acquisizione degli atteggiamenti e delle capacità imprescindibili al pieno sviluppo della persona nell’integrità delle sue dimensioni costitutive, che comprendono e vedono interagenti la dimensione cognitiva, quella sociale o civica e la quella morale.
Pertanto, se ci si muoverà in questa direzione, la formazione scolastica potrà garantire ai giovani gli atteggiamenti, le capacità e le conoscenze essenziali per una loro effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, in linea con quanto previsto e sancito dalla Carta costituzionale.
La scuola dunque necessita di una riforma strutturale, che sappia elevarsi oltre le soluzioni al dettaglio adottate in questi mesi per far fronte a un’emergenza sempre più diffusa e stratificata; per concretizzarla, tuttavia, occorrerà avere il coraggio di mettere in discussione il passato e ripensare le prassi educative, ripartendo dalle basi.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA DI RIFERIMENTO
- B. Vertecchi, Niente sarà come prima. Neanche nell’educazione, su academia.edu, 2020
- B. Vertecchi, La scuola ha bisogno di una riforma strutturale. E le soluzioni di questi mesi non lo sono, su ilfattoquotidiano.it , 2020
- U. Tenuta, Il sistema educativo di istruzione e formazione, su edscuola.it, 2017
FONTE ORIZZONTE SCUOLA (LINK: https://www.orizzontescuola.it/alla-ricerca-di-una-nuova-normalita-per-la-scuola-verso-un-patto-per-listruzione-e-la-formazione/)
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