Roma, 25 settembre – “Occorre un intervento normativo che riequilibri il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore. Ma soprattutto è necessario avviare un confronto ampio tra governo e parti sociali su investimenti e innovazione”. E’ quanto ha sostenuto la Cgs (Confederazione generale sindacale) al tavolo di confronto con il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo sullo smart working. “Oggi, la disciplina del lavoro agile è delegata dalla legge ad un accordo individuale tra datore di lavoro e singolo lavoratore – spiega il sindacato -, con una pesante asimmetria di potere tra le due parti. Ecco perché abbiamo chiesto di inserire nella norma un chiaro rimando alla contrattazione collettiva per attenuare lo squilibro esistente”.
Cgs ha anche rimarcato la necessità di “distinguere il ‘remote working’ emergenziale, attuato in deroga alle norme, dalla vera e propria innovazione che lo smart working può costituire. Su quest’ultimo, in particolare, è vero che il nostro Paese è indietro, siamo oltre il sessantesimo posto nel mondo per creazione di nuovi modelli organizzativi e di business, ma al tempo stesso – mette in guardia il sindacato – non è neppure immaginabile pensare di affidare solo allo smart working o solo al fattore lavoro gli aumenti di produttività”. Per questo, secondo la Confederazione, “la questione smart working e, più in generale, il tema dell’innovazione organizzativa, non possono essere affrontati come temi a sé stanti. Occorre avviare un tavolo ad hoc tra governo e parti sociali su investimenti e innovazione”. Per la Cgs è altrettanto importante che “lo smart working non diventi un attraente espediente per consentire al datore di lavoro di risparmiare su spazi, costi, formazione e, quindi, si traduca in uno strumento per rendere più precario il lavoro”.
Clicca sull'immagine per aprire il file in formato PDF