Antonio Signorini pubblica un articolo su Il Giornale in cui seziona il mondo del lavoro pubblico nelle sue molteplici componenti per analizzare distintamente la questione retributiva delle diverse categorie di lavoratori pubblici.
Dall’analisi di Signorini, infatti, emerge un dato curioso: non tutti i dipendenti pubblici hanno sofferto del blocco contrattuale. In realtà a soffrirne sono solo i lavoratori dipendenti, mentre altre categorie sembrerebbe abbiano invece visto incrementarsi il proprio stipendio.
Se il Conto annuale della Ragioneria dello Stato ha indicato un aumento medio delle retribuzioni statali pario al 14,8% dal 2005, dietro la media si nascondono grosse differenziazioni.
Partendo comunque dal presupposto che il 14,8% di aumento dal 2007 al 2015 copre a mala pena l’aumento del costo della vita di un periodo di due anni più breve (+13.5% dal 2007 al 2015) e che quindi il potere di acquisto degli stipendi è sceso, questa tendenza non vale per tutti.
Alcune categorie di dipendenti pubblici hanno invece goduto di aumenti, anche significativi: dipendenti di Palazzo Chigi +31%, magistrati +28%, diplomatici +37%. A fare da contraltare la scuola, università e forze armate, con aumenti medi sull’ordine del 7-8%.
A fare la differenza, secondo l’analisi di Signorini, la diversa composizione della retribuzione di queste categorie, a vantaggio di quelle in cui vi è una componente mista di stampo dirigenziale privato e il cui andamento non è oggetto di contrattazione bensì di automatismi di legge.
Fermi al palo dunque i dipendenti, ancorati al e dal CCNL, il cui prossimo rinnovo si rivelerà un appuntamento ancor più importante per capire se, davvero, come scrive Signorini, i dipendenti pubblici sono di seria A, B e anche C.
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