Lettera al Direttore inviata a Quotidiano Sanità e pubblicata il 17/01/2017
Gentile direttore
desidero portare all’attenzione dei suoi lettori un tema che interessa sempre più frequentemente il personale sanitario e che è quotidianamente oggetto di quesiti rivolti al sindacato: il nulla osta da parte dell’azienda cedente in caso di mobilità.
Come noto con il DL 90/2014, convertito il legge n. 144 dell’11 agosto 2014, la cd. “riforma Madia”, all’art. 4 ha modificato due commi dell’art. 30 del Dlgs 165/2001 in tema di mobilità obbligatoria e volontaria.
Tale norma è l’ennesimo esempio di ripubblicizzazione di alcuni aspetti del rapporto di lavoro. La mobilità, infatti, era normata fino al 2014 dall’art. 19 del CCNL integrativo del 2001 comparto sanità il quale non prevedeva il nulla osta dall’azienda cedente e limitava il rinvio alla cessione del contratto fino a un massimo di tre mesi.
Come già precedentemente illustrato questa norma sta creando non poche difficoltà tra il personale infermieristico che è costretto a girare tutta l’Italia per partecipare ad un concorso pubblico e poi, quando si aprono i bandi di mobilità nella propria regione, non riescono più ad avvicinarsi al nucleo familiare.
Più volte abbiamo sollecitato la politica (sono stati anche presentati emendamenti sistematicamente bocciati dai partiti della maggioranza) e il ministero ma nulla è stato fatto. Gli infermieri sono sempre più arrabbiati per come tale norma, voluta dal Ministro Madia durante il governo Renzi, incide sul loro futuro.
Sradicati dalle loro città si trovano a vivere con stipendi da proletariato di un tempo – questo sono diventati gli stipendi dei pubblici dipendenti dopo 7 anni di blocco – che servono principalmente a pagarsi da vivere nelle nuove città dove hanno trovato il lavoro e dove difficilmente riusciranno a costruirsi un futuro perché separati dalle persone care e impossibilitati a ricongiungersi (il ricongiungimento familiare dure massimo tre anni).
Alla forte rabbia per tale situazione – perché questa emozione è quella che più emerge in chi ci interpella sulla mobilità – non resta che sfogarsi nel far male il proprio lavoro perché forse questo è l’unico modo per farsi dare il nulla osta. Se sei buono e bravo nessuno ti lascerà andare ma se sei un rompiscatole, uno scansafatiche, una diseconomia per l’azienda forse hai più chance di avere il nulla osta.
Ma si può arrivare a questo? Possibile che questa maggioranza politica non si renda conto dei disagi che tale norma sta creando a diversi lavoratori? Questi ultimi, non sapendo più dove rivolgere il dissenso – perché a questo punto non è questione contrattuale legislativa e quindi di governo – , come nel caso del referendum costituzionale, non potranno che dare il loro giudizio su tale norma attraverso il voto elettorale. A ciascuno le proprie responsabilità.
Dr. Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind
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