La competenza in materia disciplinare si determina sui massimi edittali e non sulla concreta sanzione: secondo la Corte di Cassazione l’irrogazione da parte del Dirigente Scolastico di una misura disciplinare rispetto ad un procedimento che rientra, sulla base della competenza fissata dal massimo edittale previsto per la violazione contestata, nella potestà dell’ufficio per i procedimenti disciplinari (U.P.D.), comportando minori garanzie di terzietà, determina l’invalidità della sanzione medesima.
La vicenda
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione il 20 novembre 2019 (Ordinanza n. 30226), ha confermato la tesi sostenuta da una docente che si era vista giudicare dal D.S. anziché dall’U.P.D. In prima battuta si era rivolta al Tribunale, che aveva annullato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per sei giorni, irrogata nei suoi confronti dal Dirigente Scolastico, ritenendo lo stesso incompetente rispetto alla conduzione del procedimento disciplinare (con violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis): per la violazione perseguita, pur nella fascia più bassa, era prevista la sanzione massima edittale, su cui doveva misurarsi il riparto di competenza tra D.G. e U.P.D. (ufficio per i procedimenti disciplinari), della sospensione fino ad un mese (D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 492, c. II, lettera b). La Cassazione, interpellata dal MIUR, ha ribadito che l’attribuzione della competenza al Dirigente della struttura cui appartiene il dipendente o all’Ufficio per i procedimenti disciplinari (ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis) si definisce solo sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti, come indicati nell’atto di contestazione, e non sulla base della misura che la P.A. possa prevedere di irrogare (così anche Cass. 2 agosto 2019, n. 20845).
Se l’organo è incompetente, sono violate le garanzie per il docente
La violazione delle regole di competenza interna, allorquando la sanzione sia irrogata dal Dirigente e responsabile della struttura in luogo in luogo dell’U.P.D. e dunque sulla base di minori garanzie di terzietà, corrispondendo la figura di chi è preposto al dipendente e di chi giudica del medesimo in sede amministrativa, comporta di per sé l’invalidità della sanzione illegittimamente applicata. La Cassazione ha quindi concluso che: “l’irrogazione da parte del dirigente scolastico di una misura disciplinare rispetto ad un procedimento che rientra, sulla base della competenza fissata sulla base del massimo edittale previsto per la violazione contestata, nella potestà dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, comportando minori garanzie di terzietà, determina l’invalidità della sanzione stessa”.
Per individuare l’organo competente occorre aver riguardo alla “sanzione edittale” e non a quella in concreto applicata
. La stessa Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, appena venti giorni prima della decisione succitata (Ordinanza, 31 ottobre 2019, n. 28111), aveva ulteriormente chiarito che, per stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare. In altre parole, l’individuazione della competenza (Ufficio per i procedimenti disciplinari o dirigente scolastico) deve calibrarsi sulla sanzione massima irrogabile (individuabile secondo gli artt. 492 e 494 del D.Lgs. n. 297 del 1994), e non sulla sanzione irrogata in concreto.
La procedura applicabile
Al procedimento disciplinare del personale docente della scuola, fermo restando le sanzioni disciplinari previste dal D.Lgs. n. 297 del 1994, si applicano le regole procedimentali dettate all’art. 55 bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, modificato dal D.Lgs. n. 75 del 2017.
di Laura Biarella