Intervista ad Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche.
A cura di Mara Passafiume.
La cronaca quotidiana degli avvenimenti del Paese porta sempre più spesso alla nostra attenzione il mondo della sanità e le sue disfunzioni. Quello sanitario è un ambito frequentato ogni giorno da milioni di cittadini che usufruiscono dei relativi servizi, pubblici o privati, tra carenze ed eccellenze. Ma quando le carenze sono troppe, a farne le spese non sono solo gli utenti ma anche i lavoratori del settore. Ne parliamo con Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche.
Segretario, la cronaca registra una carenza eccessiva di personale nelle strutture sanitarie italiane. Cosa può dirci in tema di assunzioni e sblocco del turnover?
La carenza stimata di infermieri in Italia varia tra le 50 e le 70 mila unità. L’età media dei dipendenti pubblici è vicina ai 50 anni. Con l’anticipo pensionistico si stima che, a partire da fine anno, il fenomeno della carenza di personale si aggraverà. Anche i medici sono in forte carenza, soprattutto in alcune specialità. Con la carenza di queste due figure centrali, in gioco c’è la stessa esistenza del Servizio Sanitario Nazionale. Non basta sbloccare il turnover superando i piani di rientro delle regioni in deficit, si deve eliminare il vincolo di spesa del 2004 ridotto dell’1,4% e, contestualmente, mettere delle risorse fresche per le nuove assunzioni. Serve un piano straordinario di assunzioni anche nel SSN e, per farlo, deve aumentare il Fondo sanitario nazionale già con la prossima legge di bilancio. Senza soldi e personale, il servizio peggiorerà e il rischio è che ciò che non funziona – o è messo nelle condizioni di non funzionare – venga sostituto con il privato.
Altro nodo delicato, di cui si sente parlare purtroppo con una crescente frequenza, quello della violenza in ambiente ospedaliero nei confronti degli operatori sanitari.
Anche questo è un segnale di quanto ho appena detto. Posto che, come recita un nostro slogan, “l’aggressione non è la soluzione”, quello che ci arriva con questi incresciosi fatti è un segnale forte. Le persone pretendono un servizio sanitario più efficiente, senza tempi d’attesa e liste di prenotazione, ma all’aumento della domanda è corrisposto un taglio del personale e una chiusura di diverse strutture. Il risultato è che il carico di lavoro per medici e infermieri è notevolmente aumentato e i pazienti, sempre più “esigenti”, sono passati dalle parole ai fatti. Penso che per aumentare la sicurezza non sia sufficiente inasprire le pene ma si debbano migliorare i servizi, aumentando le risorse umane ed economiche. Considerato poi che il lavoro che facciamo è gravato da grandi responsabilità ed è miseramente pagato, subire delle violenze nel luogo di lavoro è proprio inaccettabile oltre che demotivante.
L’ultimo Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro del comparto Sanità non è stato sottoscritto dal Nursind perché ritenuto penalizzante per la categoria infermieristica e peggiorativo rispetto al precedente sotto molti punti di vista.
Nel non sottoscrivere il CCNL 2018 abbiamo fatto una scelta non facile, ma pensiamo di aver fatto la scelta giusta. Dico questo perché con il nostro gesto stiamo dimostrando due cose. La prima è che in Italia c’è una categoria, quella degli infermieri, che non si piega all’opportunismo di una firma su un contratto che la penalizza, ma che sa tenere la schiena dritta perché la dignità della professione non è negoziabile. La seconda è che il sindacato che rappresenta gli infermieri, il Nursind, non mette davanti gli interessi della propria organizzazione e le poltrone dei propri rappresentanti ai tavoli negoziali, mette davanti a tutto gli interessi di chi rappresentiamo, gli infermieri, specialmente quelli che, giorno e notte, garantiscono con il massimo disagio la salute dei cittadini. Siamo una professione laureata con stipendi da diplomati, questo è inaccettabile.
L’articolo 12 del predetto CCNL prevede una Commissione paritetica per la revisione del sistema di classificazione professionale, ma il Nursind non partecipa al tavolo proprio perché si è rifiutato di firmare il contratto. Qual è la vostra proposta per la revisione del sistema di classificazione del personale? In che modo la professione dell’infermiere è cambiata negli ultimi anni?
Se è pur vero che, a seguito della mancata firma, non partecipiamo ai lavori della Commissione paritetica, lo è altrettanto che la nostra azione sindacale non si è mai fermata di fronte alle formalità. Il 5 giugno scorso abbiamo presentato pubblicamente la nostra proposta, fornendo anche debita documentazione per rendere più agevole il dibattito che su tali importanti temi non deve rimanere chiuso tra le stanze dell’Aran, ma deve avvalersi del confronto con tutte le professioni sanitarie. La nostra proposta parte proprio dai notevoli cambiamenti che, a partire dagli anni novanta dello scorso secolo, hanno condotto la professione di infermiere dalla formazione regionale a quella universitaria, dal mansionario al profilo, dalla ausiliarietà all’autonomia. La forbice formativa rispetto al passato è aumentata, mentre la forbice retributiva è rimasta ferma. Su questi presupposti, in linea con il mandato previsto dall’articolo 12 del CCNL 2018, chiediamo che venga istituita un’area di contrattazione autonoma per le professioni sanitarie, a cui devono essere date le stesse possibilità della professione sanitaria medica: libera professione intramoenia e indennità di esclusività di rapporto. Chiediamo, inoltre, l’istituzione di una sub area delle professioni infermieristiche ed ostetriche, basata sulla peculiarità della presa in carico e della continuità assistenziale, dove poter discutere gli aspetti più specifici della professione e della carriera.
Chiudiamo con lo sguardo rivolto al futuro: quando e come sarà rinnovato il Contratto per il triennio 2019-2021?
Sul tema non posso che esprimere una speranza: che con la prossima legge di bilancio sia mantenuta la promessa di aumento del Fondo sanitario nazionale di due miliardi, in modo da poter rinnovare i contratti già dal prossimo anno con gli stessi incrementi previsti per gli statali – così non è stato per il CCNL 2016-2018 –, e possa essere prevista l’indennità di esclusività come per i medici. Quest’ultima deve avere un finanziamento specifico di legge.
M.P.
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