Secondo il rapporto presentato al Forum della Pa 2018 i giorni di malattia sono scesi in un anno del 10,6%
Una Pubblica amministrazione “anziana, sottodimensionata, poco qualificata, a un passo dalla pensione”, quella italiana, e lontana dal giovare degli effetti della riforma Madia. E’ questa la foto scattata nel rapporto presentato al Forum della Pa 2018, la manifestazione che come ogni anno in primavera dedica spazio per tre giorni all’innovazione della Pubblica Amministrazione a Roma. I primi segnali di cambio di rotta nella lotta all’assenteismo sono però percebibili: calo del 10,6% nei giorni di malattia, già 40 i licenziamenti disciplinari. E inizia l’introduzione dello Smart Working. “Ma la rivoluzione deve ancora arrivare”, è il commento finale.
I costi della PaI dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni, ancora in calo perché gli effetti dei piani di assunzione inizieranno a dispiegare i loro effetti solo nel 2018, con 246 mila persone uscite e non rimpiazzate dal 2008. Oggi la Pa italiana può contare su 70% in meno di dipendenti rispetto alla Germania, il 65% rispetto all’Inghilterra e il 60% della Francia. Pochi i volti nuovi, con appena 64 mila “nuovi dipendenti pubblici”, mentre aumentano i precari, che raggiungono quota 314mila, 25.000 in più rispetto al 2015, su cui ancora non si vedono gli effetti delle recenti politiche di stabilizzazione. Un personale vecchio – età media di 50,34 anni che cresce di 6 mesi ogni anno, oltre 450.000 over 60 -, per il 62% costituito da diplomati, che fa sempre meno formazione (6/7 ore di media ogni anno).
Lo stipendio medio è di 34.500 euro, sostanzialmente lo stesso dal 2009, con molte differenze tra i comparti: dai 138 mila euro della magistratura ai 28,4 mila del personale della scuola. Ma la spesa per la collettività è sempre di meno: ammonta a 160 miliardi di euro il costo per tutto il personale della Pa, 10 miliardi in meno rispetto al 2009, un risparmio che porta l’Italia in linea con i principali Paesi europei. E ciascun cittadino italiano spende per il lavoro dei dipendenti pubblici 2.632 euro l’anno: “685 euro per la scuola e 104 euro per l’università, 638 euro per la sanità, 313 euro per Regioni e enti locali, 110 euro per l’apparato ministeriale. Per tutti gli altri servizi (sicurezza, ricerca, ecc.) restano 781 euro, la ricerca – si sottolinea – ci costa 95 centesimi in un anno, meno di un caffè”.
Più di 4mila gli statali in telelavoro“Inizia a farsi strada il lavoro agile: già 4.210 dipendenti pubblici operano in telelavoro (800 in più in un anno), per lo più negli enti locali, e oggi il 5% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di smart working, un altro 4% lo pratica informalmente e quasi il 48% è interessata a una prossima introduzione”. Ecco quanto emerge tra le novità nello studio presentato al Forum PA 2018.
La lotta ai furbetti del cartellinoSecondo l’indagine si cominciano a vedere gli effetti della riforma Madia. Questo vale sopratuttto nella lotta all’assenteismo, “con una riduzione del 10,6% in un anno dei giorni di malattia”. E sono già, si ricorda, “40 i licenziamenti disciplinari avviati ai sensi della nuova norma” contro i cosiddetti “furbetti del cartellino”.
Ma la rivoluzione è lontana“La Pa italiana si trova oggi sull’orlo del cambiamento possibile – commenta Carlo Mochi Sismondi, presidente di FPA -: l’ultima stagione di riforma ha posto le basi per ridefinire i tratti e il profilo della Pa, ma al momento, almeno stando alle ultime rilevazioni disponibili, non si sono modificati i dati strutturali relativi al pubblico impiego: il numero dei dipendenti e la spesa per redditi di lavoro si riducono, anche se meno velocemente del passato, sono stazionarie le condizioni di invecchiamento, i divari retributivi le condizioni di precariato di migliaia di persone che lavorano nel pubblico. E’ ancora irrisorio l’investimento in formazione, pochissime sono le ‘facce nuove’ e permangono gli interrogativi sulla tenuta strutturale del sistema del pubblico impiego alle sfide del cambiamento e alla crescita dei fabbisogni di cittadinanza e imprese”.
“All’Italia serve oggi una Pa diversa in grado di ‘governare con la rete’, ossia uscire dal palazzo e interagire con i diversi soggetti attraverso una governance collaborativa – prosegue Moschi Sismondi. – Servono profili diversi, in grado di adattarsi al cambiamento e alla trasformazione digitale in atto. Ora tocca al futuro governo proseguire la strada della riforma, non con nuove leggi, ma applicando quelle che ci sono e senza perdere quanto di buono è stato impostato in questi anni. Non ci serve una nuova riforma da chiamare con il nome di un nuovo ministro, ma cura, accompagnamento e formazione. Non è più tempo di norme: comincia il tempo dei manuali e delle cassette degli attrezzi”.