
Il ministro dell’Economia audito oggi in Parlamento sul Dpf (ex Def) ha avvertito: “Interessi sul debito divorano anche la spesa sanitaria”. Il richiamo della Corte dei Conti: “Necessario accelerare spesa Pnrr”. Upb: “Effetto dazi su tutti i settori della nostra economia, incluso il farmaceutico”
La guerra dei dazi da un lato e la corsa al riarmo dall’altro. In mezzo c’è il nuovo Dpf (ex Def) che entro fine aprile dovrà ricevere la bollinatura di Bruxelles. Non un momento propizio, insomma, per la messa a punto del documento finanziario e soprattutto per spuntare investimenti in sanità. Del resto, oggi, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, lo ha detto chiaramente durante la sua audizione in Parlamento: “Ho un debito da gestire che grava per circa 90 miliardi di interessi e questi mi divorano ogni tipo di spesa, anche la più nobile, come quella per la sanità o per la scuola”. Della serie: ‘Lasciate ogne speranza voi ch’intrate’.
SPESE MILITARI O SPESE SANITARIE
Non l’unico accenno alla sanità da parte del titolare del dicastero di via XX Settembre che, infatti, è tornato a parlarne a proposito delle spese militari e, quindi, del ricorso o meno alla deroga al patto di stabilità. Al riguardo, Giorgetti ha spiegato che si aspetterà comunque “il vertice Nato di giugno 2025 per capire l’orientamento generale”, ma ha anche sottolineato che poi però toccherà “fare delle scelte perché se si aumentano le spese militari non si aumentano altre spese come la spesa per la sanità”. Dal ministro, infine, la conferma che viene garantito “il rapporto della spesa sanitaria sul Pil”.
DAZI CONVITATO DI PIETRA
Se da un lato le spese militari sono, come detto, un convitato di pietra nel dibattito sul Def, la politica commerciale di Donald Trump non lo è da meno. Le parole dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), presieduto da Lilia Cavallari, davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, non lasciano dubbi in proposito: “Ulteriori simulazioni dell’Upb mostrano che i dazi Usa impatteranno, tenendo conto anche degli effetti indotti, su quasi tutti i settori dell’economia italiana, con una perdita a livello aggregato di valore aggiunto nell’ordine di tre decimi di punto percentuale. A risentirne maggiormente sarebbero i settori farmaceutico, attività estrattive, automotive, prodotti chimici, attività metallurgiche e fabbricazione di macchinari, tutti mediamente più esposti verso gli Stati Uniti come mercato di sbocco o con dazi più elevati”.
IL PNRR E IL RICHIAMO DELLA CORTE DEI CONTI
Entrando invece più nel dettaglio del Dpf, a fare le pulci al documento ci ha pensato la Corte dei Conti. Secondo i magistrati contabili, infatti, nel Dpf “manca non solo lo sviluppo programmatico (inciso dalla difficoltà di definire al momento una ricostruzione puntuale delle necessità in gioco), ma anche (e soprattutto) un dettaglio informativo determinante su diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo”. Sono inoltre limitate le indicazioni sulla composizione della spesa per settori e mancano indicazioni adeguate sulle rimodulazioni a cui si sta lavorando sul Pnrr. “Elementi che – sottolinea la memoria – rendono difficile valutare la tenuta del quadro complessivo e la sua coerenza con quelle che sono le priorità dell’azione di governo”.
Dalla Corte dei conti, inoltre, un richiamo ad accelerare proprio sul Pnrr e i suoi obiettivi, inclusi gli interventi per la sanità. “La necessità di procedere a una accelerazione della spesa per gli interventi resi disponibili dal Pnrr, nonché l’emergere di nuove esigenze congiunturali, non possono e non devono far abbandonare (o ridurre) quello che era l’obiettivo principale dello stesso Piano: contribuire alla modernizzazione del Paese rafforzandolo rispetto alle crisi cui è stato finora esposto”, ha evidenziato appunto la magistratura contabile. “Di qui gli interventi – riporta ancora la memoria – per la sanità, ma anche quelli per rimuovere vincoli storici allo sviluppo in termini infrastrutturali, della rete dei trasporti, della digitalizzazione e interconnessione, dell’ammodernamento della PA e, non ultimo, per rafforzare le capacità di ricerca e innovazione del nostro tessuto economico, di cui spesso si sottolinea l’importanza a fronte delle crisi, ma di cui è urgente avviare la modifica”.
Di Pa.Al.