Dopo la polemica esplosa con i medici, parla a Nursind Sanità Rosaria Alvaro, ordinario in Scienze infermieristiche a Tor Vergata: “Nessuna ingerenza in ambiti quali prognosi, diagnosi e prescrizione di terapie”. E mette in guardia: “Pericoloso per il Ssn se si affermasse una condizione di subordinazione tra professioni”
Per gli infermieri si tratta di una “svolta epocale”. Per i medici, invece, di una novità “sconcertante”. La possibilità di prescrizione riconosciuta agli infermieri caratterizza l’arrivo di tre nuove aree di specializzazione infermieristiche annunciate ieri dal ministero della Salute. L’innovazione però ha già innescato polemiche nel mondo sanitario, sebbene si limiterebbe ai presìdi, agli ausili e a tutto ciò che è legato al processo di assistenza infermieristica.
Secondo il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, “la prescrizione presuppone una diagnosi e la diagnosi è di competenza del medico”. Il numero uno della Fnomceo inoltre sottolinea con forza il fatto che i medici non siano stati interpellati nell’ideazione dei nuovi percorsi di studio.
Dal canto suo, la Fnopi (Federazione degli ordini delle professioni infermieristiche), ribadisce: “Gli infermieri italiani non intendono minimamente appropriarsi della diagnosi medica che resta esclusiva della professione medica insieme al percorso terapeutico medico. Ma da 30 anni – aggiunge – esiste la diagnosi infermieristica assistenziale prevista per norma, basta leggere il Profilo. Nessuno sta toccando le prerogative dei medici, anzi è un arricchimento per il lavoro d’equipe che va nella direzione della gestione della complessità e che impatta su tutto il sistema salute”. Rosaria Alvaro (nella foto), professore ordinario in Scienze infermieristiche dell’Università Tor Vergata di Roma e presidente della Società italiana di scienze infermieristiche (Sisi), spiega a Nursind Sanità come la diagnosi non sia un’attività a cui la professione infermieristica tende e sottolinea come invece occorrerebbe rafforzare l’alleanza fra le due professioni.
Professoressa, le nuove tre aree di specializzazione sono necessarie?
Il primo documento riguardante la crescita professionale nelle specializzazioni infermieristiche è stato approvato dall’allora Federazione Nazionale dei Collegi nel 2015. Da quel momento, si è lavorato intensamente per definire alcune aree specifiche del profilo infermieristico. Oggi si conclude un percorso iniziato anni fa, con l’individuazione di tre aree prioritarie: Cure Primarie e Sanità Pubblica, Cure Pediatriche e Neonatali, e Cure Intensive ed Emergenza, ambiti che presentano le maggiori esigenze sul territorio.
Fnopi dice che andrà ad arricchire il lavoro di equipe. In che modo?
È necessario fare una riflessione complessiva sulle esigenze del sistema sanitario. Anche il ministro Schillaci (che è un medico) ha sottolineato l’importanza di considerare un sistema che includa diverse e nuove professionalità. Attualmente, la sanità si basa su due pilastri fondamentali: i medici e gli infermieri. L’infermiere oggi segue un percorso formativo strutturato, che comprende una laurea triennale abilitante all’esercizio professionale, una laurea magistrale, un dottorato di ricerca e master di I e II livello. Non può quindi essere impiegato come 45 anni fa quando nasceva il Sistema sanitario.
Vuole dire che si svilirebbe il loro percorso di studi?
Se ne svaluterebbero le competenze. Il tutto deve essere inserito in una nuova organizzazione sanitaria che prevede l’impiego di tutte le competenze professionali e dia la giusta valorizzazione ai professionisti che nel tempo hanno adeguato la loro formazione ai cambiamenti del sistema.
Pertanto, sebbene la definizione di diagnosi, prognosi e prescrizione della terapia rimanga una prerogativa esclusiva del medico, oggi altri operatori, adeguatamente formati, possono svolgere attività che in passato erano di competenza di altri professionisti.
I medici si dicono “sconcertati” e “rammaricati” per non essere stati interpellati dal Ministero.
Sono rimasta perplessa quando Anelli ha parlato di “blitz” e del fatto di sentirsi “sconcertato” e “rammaricato” per non essere stato interpellato. Gli infermieri hanno un proprio ordine professionale così come i medici per rappresentare alle istituzioni le esigenze della professione. Attività che ritengo sia fatta da entrambi in modo egregio. Sembra quasi che si voglia affermare una condizione di subordinazione di una professione rispetto ad un’altra e ritengo che questo oggi sia pericoloso per tutto il sistema sanitario.
In che senso?
Ritengo che in un momento di grave difficoltà del sistema sanitario le due professioni devono integrarsi per garantire il benessere del paziente e la sostenibilità di un sistema sanitario. Certamente sarà necessario avere dei momenti di incontro e confronto tra professionisti per definire percorsi e procedure che possano migliorare la vita dei cittadini e facilitare l’accesso alle cure. Nessuno sta parlando di prescrizione farmacologica: l’infermiere non ha mai inteso inserirsi in ambiti di prognosi, diagnosi o prescrizione di terapie, perché questo non è il suo ruolo. L’infermiere si occupa dei bisogni assistenziali e, oggi, discutiamo di prescrizioni finalizzate a migliorare il percorso assistenziale del paziente.
In che modo migliorebbero il percorso?
Un esempio è la gestione della stomia: attualmente, l’infermiere ha bisogno della firma del medico anche solo per modificare i presidi ritenuti inadeguati, nonostante ciò allunghi e complichi l’intervento, che inizia una volta che il paziente è stato clinicamente valutato dal medico. Da sempre, quando l’infermiere rileva un cambiamento nello stato del paziente o nota una variazione nel quadro clinico, contatta immediatamente il medico per una nuova valutazione, senza mai modificare in autonomia una prescrizione medica. Dichiarazioni allarmanti da parte dell’Ordine dei medici minano la fiducia dei cittadini sul sistema sanitario.
Come uscirne?
Ritengo che tutti dobbiamo fare uno sforzo per collaborare per trovare quella sintonia di cui il sistema sanitario ha urgente bisogno. Aggiungo che la prescrizione di ausili e presidi sanitari è già una prassi consolidata in molti Paesi europei. Ad esempio, i nostri infermieri che si trasferiscono in Inghilterra seguono corsi specifici proprio sulla prescrizione. Spero sinceramente che medici e infermieri, figure insostituibili nel nostro sistema sanitario, possano davvero integrarsi e lavorare insieme, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, per immaginare una nuova organizzazione che valorizzi tutte le professionalità coinvolte.